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Presunti colpevoli

Abbiamo più volte esaminato la figura dei gestori delle aree sciabili, ritenendola determinanate per gli sport della neve. Il gestore di una stazione sciistica è diventato un imprenditore di primo livello ed è quindi naturale che faccia tutto ciò che è in suo potere per rendere la stazione appetibile per il maggiore numero di utenti possibili: business is business!! In barba al romantico andare in montagna come ai tempi delle neiges d’antan. Ciò è sicuramente un dato positivo per l’industria della neve ma fa sì che gli utenti che le stazioni frequentano affidino troppo ogni dettaglio alla responsabilità di altri, appunto i gestori delle aree nel nostro caso.
È mia convinzione personale che si sia perso (e ciò in pressoché tutti i settori della nostra vita sociale) il senso di responsabilità personale. Si va per strada e se si inciampa è colpa del gradino che magari non si è visto; a scuola le condotte indisciplinate dei ragazzi o i rimproveri degli insegnanti vengono sempre e comunque giustificate le prime e stigmatizzate le seconde, e così via.
Si è perso il senso della propria responsabilità e dunque anche andando a sciare se qualcosa accade è colpa di altri; e chi meglio del gestore di una stazione che di norma è un imprenditore serio, affidabile ed economicamente solvibile? Cosa di meglio per cercare di addossare responsabilità a questi in caso di infortunio? Senza voler essere il difensore d’ufficio dei gestori degli impianti ritengo tuttavia che l’equilibrio e la giustizia debbano essere sempre rivendicati. Con sconcerto mi è capitato di esaminare casi di uno sciatore che, infortunatosi accidentalmente, ha addossato responsabilità al gestore dell’area sciabile per il non corretto stato di manutenzione e battitura piste.
Orbene va da sè che il caso non necessariamente è infondato: qualora la pista non sia adeguatamente trattata e battuta e ciò abbia costituito elemento determinante e casualmente collegato all’infortunio, il responsabile della gestione piste potrà essere ritenuto responsabile per l’evento e dunque essere obbligato a risarcire il danno secondo i criteri dell’illecito civile disciplinato dal nostro Codice Civile o essere chiamato a rispondere in sede penale per l’eventuale causazione di lesioni. In casi di questo tipo poi il criterio determinativo della responsabilità sarà valutato dall’organo giudicante con severità nei confronti del gestore posto che su di questi grava l’onere di provare di aver reso e messo in sicurezza la pista secondo i canoni imposti a chi l’imprenditore fa professionalmente; dunque una prova importante a carico di chi si trova difendersi. Ma vi è un altro lato della problematica che credo sia altrettanto fondamentale se vogliamo credere ancora in valori quali il rispetto degli altri, la responsabilità e la giustizia. Andare in montagna a sciare è attività sportiva affascinante ma che, come tutte le attività sportive e non solo, possono celare qualche rischio per la propria incolumità. Va da sè che sciando può capitare di cadere più o meno rovinosamente; il più delle volte nulla succede tutto si risolve in un bel ruzzolone, facca nella neve e qualche risata. Può però capitare di infortunarsi ed allora ecco che, immediatamente, molti cercano di attribuire la responsabilità a terzi, sciatori o altri. Mi è appunto capitato di esaminare un caso in cui al gestore è stata contestata la non perfetta battitura della pista, ergo responsabilità di costui per l’infortunio subito.
Ebbene per nulla era così; nessuna responsabilità si è potuta attribuire al gestore degli impianti il quale aveva come da prassi ben trattato la pista; tuttavia il pendio, soprattutto dopo qualche ora dall’apertura, e con i frequenti passaggi degli sciatori e snowboarders, si era «mosso»; la neve non è un qualcosa di fermo o fisso costantemente; i gestori, pur bravi che siano, non sono ancora riusciti a rendere le piste sempre liscie come un biliardo per l’intero arco della giornata, ne credo questo sará mai.
Mi direte ma che novita? E avete ragione, ma purtroppo non tutti la pensano così, soprattutto coloro che in casi di infortunio accidentale cercano sempre e comunque il capro espiatorio o peggio un lucro ingiusto. Certo il gestore ha una serie di obblighi da rispettare; quindi va da sè che qualora una pista sia lasciata aperta al pubblico in condizioni disastrate, per carenza di neve o altro, certamente se ne dovrà assumere la responsabilità in caso di incidente.
Ma è altrettanto vero che andare in montagna a sciare ha connaturato in sè un’alea che non dipende dal gestore; il più delle volte dipende proprio da noi stessi, dalle nostre capacità tecniche, dalla nostra preparazione, dalla prudenza o imprudenza, dal nostro senso di responsabilità che dovrebbe condurci sempre sulla strada della sicurezza nostra e altrui. E dunque se si è principianti, affidarsi sempre a maestri e scuole sci; se non si conoscono le aree e i pendii avere accortezza a non abbandonare mai i tracciati istituzionalmente identificati come piste, neppure di un metro; se vi è cattivo tempo non allontanarsi mai da luoghi ove si sa di poter fare rientro o trovare ricovero in caso di necessità. Insomma nulla di straordinario ma decisamente importante per evitare brutte sorprese e cercare poi di attribuire responsabilità a terzi. Questa sarebbe una condotta da prima scellerata e poi diabolica, non scherziamo!!. Ognuno pensi a fare la sua parte: il gestore alla corretta gestione e manutenzione delle aree sciabili, gli sciatori utenti a rispettare le regole di prudenza in primis e di legge poi. Sì, perché la legge nazionale 363/03 ha ben disciplinato gli obblighi del rispetto degli altri, della moderazione della velocità; del rispetto della segnaletica etc.
Solo in questo modo potremo vivere civilmente lo sport e la montagna che è e deve essere ancora pace, silenzio, infinita natura e libertà, come nel tempo che fu quando la gestione degli impianti era un’arte pionieristica. Ricordiamoci di strillare meno, abbassare il volume degli Ipod in testa o nei caschi, perché è più bello ascoltare il rumore del vento, il silenzio dell’aria. Ricordiamoci infine che se non nevica… non dipende dai gestori degli impianti!! E si, perché di questo passo stiamo arrivando anche a questo.   
 

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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