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Quando l’eros va in pista

Già Freud aveva considerato la sessualità come energia di base (denominata libido) sottesa ad ogni attività umana. Successivamente teorizzò che anche l’aggressività fosse una pulsione altrettanto fondamentale e motivante. Ricerche condotte decenni dopo l’opera di Freud, invece, hanno riscontrato quanto l’attività e le fantasie sessuali vengano usate in modo difensivo per padroneggiare l’angoscia, per recuperare l’autostima e controbattere alla vergogna. Gli atteggiamenti di sessualizzazione si esprimono in condotte di seduzione ed erotizzazione agite verso la situazione in generale o verso una persona in particolare. Il genere femminile sessualizza maggiormente la dipendenza, quello maschile l’aggressività. Rispetto all’età la sessualizzazione viene esteriorizzata di più durante la preadolescenza, dove soprattutto le femmine mettono in campo le loro nuove abilità femminili per gestire l’ansia derivata dalle prime relazioni con un corpo quasi totalmente sviluppato. Molti sessualizzano l’esperienza dell’apprendimento; almeno dai tempi di Socrate è stata notata l’esperienza erotica nella relazione insegnante/allievo. La tendenza delle persone ad erotizzare le proprie reazioni nei confronti di chi detiene maggior potere può spiegare perché personaggi politici, celebrità e campioni sportivi siano sommersi da ammiratori sessualmente disponibili. Si può anche comprendere perché il livello di corruzione e di sfruttamento sessuale sia così elevato tra le persone famose e influenti. La sessualizzazione non è in sé distruttiva o problematica, ma fa parte del nostro sistema difensivo per sopravvivere meglio rispetto a momenti ansiogeni della nostra vita. Tuttavia, può capitare che l’adulto dimostri un’eccessiva superficialità nel gestire la posizione di alcune giovani allieve collocate in una posizione di relativa debolezza. Stiamo anche assistendo sempre più a ragazze preadolescenti capaci di atteggiamenti erotizzati e seduttivi al pari di donne mature. A partire dall’abbigliamento spinto per giungere a vere proposte sessuali; parliamo di ragazze di 12/14 anni con cui l’adulto maschio deve fare i conti. Quest’ultime compensano la mancanza di un potere maturo e adulto mettendo in scena un potere erotico molto personale, tipico dell’età e della società in cui viviamo. Infatti è fondamentale avere leggi e regole che tutelino coloro che sono strutturalmente dipendenti da altri: gli impiegati dai datori di lavoro, gli studenti dagli insegnanti e le allieve dai loro allenatori! Sì, perchè è di questo che stiamo parlando! Tutto quel che ho scritto fino a qui si riferisce a tutti gli ambienti sportivi/agonistici in cui il rapporto allenatore – allieve rischia di cadere in questa trappola sessuale! Nell’ambiente dello sci, come sappiamo bene, il rapporto tra allenatore e allievi diventa spesso una convivenza vissuta tra un albergo e l’altro. L’allenatore diviene spesso mitizzato e idealizzato nel suo potere, verificandosi una sorta di «transfert» o più semplicemente di «innamoramento» da parte degli allievi. A questo si uniscono ansia pregara, conferma o disconferma dell’autostima e sentimenti di vergogna in caso di fallimento: siamo vicini a cadere nella trappola. Cosa manca? Il comportamento di risposta dell’adulto rispetto a tutto questo. L’adulto, nel nostro caso l’allenatore, deve essere consapevole di questi meccanismi difensivi e deve gestire al meglio le proprie tentazioni. Sapere che l’allieva non è realmente «innamorata» di lui come persona, ma solamente di ciò che rappresenta per l’allieva. La risposta deve essere comprensiva, non ironica, non volgare, ma piuttosto paterna. Purtroppo a volte, il meccanismo di sessualizzazione delle giovani allieve preadolescenti collude esattamente con una personalità con tratti narcisistici. Quindi capita che l’allenatore alimenti il proprio bisogno di riconoscimento esaltando la propria parte narcisistica e di potere, rispondendo alle «avance» delle proprie allieve. Giustificato dai retaggi di una cultura «maschilista» ormai tramontata, l’allenatore si difende colpevolizzando solamente gli atteggiamenti troppo spinti e manifesti delle preadolescenti. Se tutto questo rimane nascosto agli occhi di molti (genitori), altri invece conoscono benissimo ciò che da sempre succede negli ambienti sportivi (e a volte scolastici): giustificandosi con un «è sempre stato così», non vogliono avere la responsabilità di rendere palese una verità nascosta e negata da tutti. Finchè qualcuno non ha il coraggio di parlare… e tutto il resto è cronaca attuale. r

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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