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Regole scottanti

Con l’odierno appuntamento concludiamo, salvo ritornarvi nel prosieguo della stagione eventualmente su taluna delle disposizioni, il breve excursus delle norme previste dalla Legge vigente n°363/2004, rubricate sotto il Capo III quali «Norme di Comportamento degli utenti delle aree sciabili».
Art. 17 sci fuoripista e sci alpinismo
1. Il concessionario e il gestore degli impianti di risalita non sono responsabili degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti medesimi.
2. I soggetti che praticano lo sci-alpinismo devono munirsi, laddove, per le condizioni climatiche e della neve, sussistano evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo intervento di soccorso.
Il commento odierno riguarda la disposizione del «I° comma dell’art. 17» in quanto il II° inerisce la pratica dello sci-alpinismo, disciplina questa  affascinante, ma sulla quale occorre una riflessione specifica. Pur se i gestori delle aree sciabili (i gestori e le società impianti) hanno molteplici obblighi da rispettare non credo si possa attribuire a questi ultimi, sempre e comunque, la responsabilità di tutto quello che accade all’interno o nei pressi dell’area sciabile a lui affidata in concessione. Questo il senso traslato della norma in esame. Il legislatore ha voluto escludere o comunque limitare la responsabilità dei gestori alle aree sciabili, ossia ai tracciati di pista aperti al pubblico. Oltre tale soglia la presunzione di responsabilità passa a carico dei singoli sciatori. Sarà poi il caso specifico e l’ambiente in cui si verifica un evento a determinare se la soglia di responsabilità del gestore degli impianti può considerarsi superata -con conseguente onere di responsabilità a carico dello sciatore – oppure meno. Ciò accadrà tutte le volte in cui un tracciato, se pur tipicamente identificato come fuori pista, si trovi di fatto immediatamente e/o facilmente accessibile da parte degli utenti sciatori; in questo caso verranno riconsiderati tutti i doveri di vigilanza a carico del gestore per non aver posto in essere ogni azione utile ad evitare un determinato evento; ecco dunque che l’onere di prova incomberà comunque al gestore teso a difendere la la propria limitazione di responsabilità prevista dalla norma, compito questo assolutamente non agevole in ambito processuale.

Art. 19 concorso di colpa
1. Nel caso di scontro tra sciatori, si presume, fino a prova contraria, che ciascuno di essi abbia concorso ugualmente a produrre gli eventuali danni. La disposizione è quella che certamente ha fatto discutere non poco. Evidentemente di diretta derivazione da quella prevista dal Codice Civile in materia di circolazione di veicoli la quale dispone, all’«art. 2054 II comma», una presunzione di pari responsabilità a carico dei conducenti nella causazione del sinistro e dei danni, fino a prova contraria, il cui onere grava sulle parti: così infatti, testualmente, «l’art. 2054 II comma» recita: «Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli». La disposizione ha fatto molto discutere perché ai conoscitori della materia è parso subito promanare da un legislatore, forse poco avvezzo a cimentarsi con le dinamiche degli incidenti sulla neve. Se sotto il profilo della pari presunta responsabilità tra sciatori che sono venuti a collidere, la scelta può essere condivisibile, la norma in esame trova comunque  non poche difficoltà applicative. A differenza della circolazione stradale, dove normalmente implicati sono degli automezzi, con il loro carico di materialità intrinseca, nella pratica dello sci mezzi non ce ne sono. 

Ci sono le attrezzature (sci, bastoncini e abbigliamento) ma questi sono elementi diversi dagli automezzi sui quali i segni del sinistro rimangono ben visibili. Tale è un aspetto di non poco conto in quanto a differenza dei sinistri stradali, ove i veicoli coinvolti sono essi stessi i primi testimoni evidenti e materiali della dinamica dei fatti, ove le tracce degli eventi il più delle volte sono evidenti, rintracciabili e/o, comunque, rilevabili anche ex post, ove una ricostruzione c.d. «cinematica» dell’evento è, spesso, possibile, negli episodi di scontri tra sciatori tutto questo viene pressoché interamente meno: impossibile direi ricostruire l’evento sulla base di tracce che, sulla neve, scompaiono in pochi attimi; difficile ricostruire una dinamica sulla base di reperti che, spesso, non esistono o risultano privi di segni. 

Rimangono i protagonisti degli eventi e le loro dichiarazioni che, tuttavia dovranno scontare il dazio della c.d. «dichiarazione di parte» unitamente a quelle di eventuali testimoni ai quali è demandata buona parte della sorte dell’accertamento in punto di responsabilità. Eccezione sarà in quei casi (in percentuale assolutamente marginale) in cui dovesse trovarsi un reperto filmato dal quale individuarsi la dinamica dell’evento e il conseguente grado di responsabilità dei soggetti coinvolti nel caso specifico. E per chi ha pratica di Tribunali sa bene quanto rischioso può essere affidarsi all’elemento della testimonianza che purtroppo nel nostro paese, dove il senso di responsabilità e lealtà in assoluto non brilla, possono talvolta essere «accomodate» per tutelare una parte piuttosto che l’altra.

Mi rendo conto che sotto il profilo normativo- disciplinare sarebbe stato non facile adottare diverse soluzioni, tuttavia credo che il legislatore, forse, avrebbe dovuto riflettere maggiormente sull’ambiente in cui le collisioni in pista si verificano prima di adottare una disposizione specifica che presume una pari responsabilità; e ciò in quanto, come detto, le evidenze probatorie reali/materiali di un sinistro in montagna, a differenza di quelle della circolazione, sono destinate ad essere pressoché inesistenti. Forse un rimando alle norme generali disciplinanti nel nostro ordinamento la responsabilità per fatto illecito sarebbe stato sufficiente a garantire ogni forma di tutela non pregiudicando a monte colui che può essere del tutto immune da colpe ma che oggi si trova comunque esposto, per effetto della norma in esame, ad una presunzione di responsabilità, dovendo se del caso porre in essere ed articolare una difficile prova liberatoria. 

Infine richiamo la disposizione dell’articolo 20 (Snowboard) secondo il quale: «Le norme previste dalla presente legge per gli sciatori si applicano anche a coloro che praticano lo snowboard».  

La norma non mi pare possa essere soggetta ad interpretazioni di sorta; in questa sede dunque mi preme ricordare che tutta la disamina sulle regole di condotta degli sciatori passate in rassegna si applicano, in tutto e per tutto, anche agli snowboarder. La disciplina dunque per la sicurezza degli utenti della montagna passa anche per il senso di responsabilità del popolo degli snowboardisti.    

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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