L’Auditorium Melotti di Rovereto, con ogni posto occupato, ha accolto un pubblico attento e curioso come raramente accade nei convegni a tema sportivo. L’occasione, del resto, era di quelle che lasciano un segno: un incontro in chiave olimpica promosso dall’UNVS di Rovereto, in collaborazione con l’Associazione Giornalisti Olimpici del Trentino Alto Adige e diverse realtà locali, per aprire un dialogo tra le federazioni, gli atleti, la scienza e il diritto sportivo in vista dei Giochi di Milano-Cortina 2026.
Sul palco, i vertici delle due federazioni che porteranno a Cortina e Milano due discipline simbolo della neve e del ghiaccio: Flavio Roda, presidente della FISI, e Andrea Gios, presidente della FISG. Con loro, due figure chiave del movimento tecnico: Gianluca Rulfi, direttore tecnico della squadra femminile di sci alpino, e Marco Mariani, alla guida della nazionale di curling.
A introdurre i lavori Elio Grigoletto, cui è spettato il compito di dare il via a una giornata che si è presto trasformata in un dibattito vivace, incalzato dalle voci esperte di Diego Decarli, Franco Bragagna ed Elmar Pichler Rolle, moderatori attenti e mai retorici.
Verso i Giochi: la fiducia di Roda e la concretezza di Gios
Nell’intervento di apertura, Flavio Roda ha restituito la misura di un impegno pluriennale: “La FISI lavora da anni per quest’Olimpiade e credo che potrà essere un successo sportivo, perché le gare si svolgeranno in strutture già abituate a ospitare grandi eventi. Ma dobbiamo già pensare al dopo, a come dare continuità all’attività, soprattutto per i giovani che saranno i campioni di domani.”
Parole di peso, che segnano un punto centrale nella visione federale: Milano-Cortina non come apice, ma come ponte per il futuro.
Una prospettiva condivisa, anche se da un versante diverso, da Andrea Gios, che ha ricordato quanto il ghiaccio soffra di cronica carenza di impianti: “Il sogno è vincere una medaglia in ogni disciplina, a dimostrazione della crescita dei nostri atleti. Ma la realtà è che le strutture sono ancora troppo poche, e questo frena sia la preparazione d’élite sia la crescita della base.”
Una riflessione, la sua, che tocca un nervo scoperto del sistema sportivo italiano: la mancanza di continuità infrastrutturale tra evento e territorio, tra apice olimpico e quotidianità di allenamento.
Quando la passione diventa racconto
Non sono mancati i momenti di ispirazione pura. Lara Naki Gutmann, fiore all’occhiello del pattinaggio trentino, e Ippolito Sanfratello, oro olimpico di Torino 2006, hanno raccontato con naturalezza il confine sottile tra fatica e sogno, tra la normalità di chi si allena ogni giorno e l’eccezionalità di chi sale su un podio a cinque cerchi.
Le loro parole hanno restituito alla platea il senso più autentico dell’Olimpiade: non l’evento in sé, ma la traiettoria umana che porta fin lì.
Dal campo alla scienza: il contributo del CERISM
Il direttore tecnico Gianluca Rulfi, nel suo intervento, ha fornito un aggiornamento molto atteso sul recupero di Federica Brignone. “La campionessa valdostana migliora,” ha spiegato, “ma sarà la stagione di gare a dirci se potrà tornare ai suoi massimi livelli.”
Un passaggio sobrio, realistico, che ha restituito a molti il senso del tempo nello sport: quello biologico, prima ancora che agonistico.
A chiudere la mattinata, il contributo scientifico del professor Federico Schena, che ha illustrato i progetti del CERISM (Centro di Ricerca Sport Montagna e Salute) in collaborazione con la FISI. Un intervento denso, dedicato alla ricerca applicata per il miglioramento della performance, dall’analisi del gesto tecnico fino ai protocolli di prevenzione degli infortuni.
Riflessioni che hanno riportato la discussione a un punto essenziale: la scienza non sostituisce il talento, ma lo accompagna, ne amplifica le possibilità e ne tutela la durata.
Il pomeriggio del diritto: la responsabilità nello sport moderno
Nel pomeriggio, l’Auditorium Melotti ha cambiato tono ma non intensità. L’Associazione Roveretana per la Giustizia in materia di Sci Agonistico e Responsabilità ha promosso un convegno di alto livello, affrontando un tema sempre più centrale: quello della responsabilità — civile, penale e sportiva — negli sport invernali.
Il professor Riccardo Campione ha aperto i lavori approfondendo i profili della responsabilità civile, seguito dal professor Jacopo Tognon, che ha spiegato con chiarezza il ruolo e il funzionamento del TAS di Losanna, vero tribunale olimpico delle controversie sportive.
La dottoressa Giulia Rossi ha quindi trattato il versante della responsabilità penale, mentre la professoressa Kolis Summerer ha completato il quadro con un’analisi comparata sulle diverse forme di imputabilità in ambito agonistico.
Le conclusioni dell’avvocato Enrico Ballardini hanno chiuso il cerchio con una riflessione di ampio respiro: lo sport è libertà, ma anche consapevolezza del rischio, e solo chi conosce le regole può viverlo fino in fondo.
Oltre il convegno: la cultura olimpica come eredità
Al termine della giornata, una sensazione ha attraversato la sala: quella di aver assistito a qualcosa di più di una semplice tavola rotonda. Rovereto, città di cultura e di sport, ha dimostrato di saper accogliere la sfida olimpica nella sua dimensione più ampia: non solo preparazione e risultati, ma educazione, ricerca, etica e responsabilità.
La presenza contemporanea di dirigenti federali, atleti, tecnici, docenti universitari e giuristi ha reso visibile ciò che spesso rimane astratto: la rete viva che tiene insieme lo sport italiano. E guardando a Milano-Cortina 2026, si capisce che la vera eredità non sarà solo nei record o nelle medaglie, ma nella cultura del dialogo tra chi prepara, chi studia, chi giudica e chi racconta. Perché lo sport, quando è condiviso in tutte le sue sfumature, dalla curva di una Brignone al codice di un avvocato sportivo, diventa, davvero, un bene collettivo. E Rovereto, almeno per un giorno, lo ha ricordato a tutti.
Add Comment