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Sciare 50 anni – 10: intervista a Franz Klammer

Pubblichiamo questa intervista presente sul numero 159 del 1° novembre 1977, perché svela in poche righe il carattere del campione e la situazione agonistica di quell’epoca.
… È vero che dopo Garmisch pianti Lì tutto?
No, smetto di fare il dilettante, ma solo se vincerà il titolo Mondiale. Forse chiederò la licenza B, oppure andrò coi professionisti.
Perché?
Preferisco così.
Basta con le Olimpiadi?
Basta.
Quante probabilità hai di vincere il titolo?
Cento per cento, oppure neanche una. Io posso vincere qualsiasi discesa in teoria, ma quello che conta è la forma di quel giorno.
Quanto dura la forma?
È un fatto soggettivo. Per quel che mi riguarda tre settimane.
Per te è più importante GarMisch o la Coppa del Mondo?
Garmisch, io la Coppa del Mondo non la vincerò mai.
Nemmeno quella della discesa?
Questa sì, mi basta sciare come ho sciato l’anno scorso. Però la Coppa vera per me è troppo lontana. Dovrei vincere tre discese e tre giganti, non sono in grado di farlo.
E allora chi la vincerà?
Non so, uno dei soliti slalomisti.
Ancora Stenmark?
Può darsi. Lui o Thoeni o un altro. Io lo conosco bene Stenmark, quello lì è uno che non molla mai.
E Heidegger?
Ha le qualità per vincere, ma in gara contano anche i nervi.
Tu hai mai avuto paura?
Sì, paura di andare troppo… piano.
Parla sul serio
No, mai. In tutte le piste c’è un punto pericoloso, tu lo trovi subito in allenamento. Cominci a provare e vai al limite. Poi, quando arriva il giorno della gara non ci pensi più.
Immaginavi di diventare un campione?
Lo speravo.
Chi volevi diventare, Toni Sailer?
Non ho mai avuto un vero modello. Io volevo diventare Franz Klammer.
È un bel tipo Plank?
Sì. È un avversario.
Quanti ne hai?
Una decina, gli austriaci, poi Plank e Russi.
Qual è stata la vittoria che ti è piaciuta di più?
Non so, forse quella di Wengen, quando ho vinto con tre secondi di vantaggio.
Perché tu vinci bene soprattutto sulle piste lunghe?
Forse perché mi stanco meno degli altri.
È vero che mangi come un bue?
Sì, veramente.
Ma cosa?
Tutto. In Italia mangerei sempre le lasagne.
Sei ingrassato?
No, ottantadue, come prima.
Perché non siete andati in Argentina ad allenarvi?
La federazione austriaca aveva finito i soldi.
Se fossi nato in italia saresti diventato Klammer?
Non lo so.
Cosa ne dici delle discese in due manche?
Non è una buona soluzione, è difficile fare due discese in un giorno solo. Ci sono dei rischi.
Perché voi discesisti non fate un sindacato e discutete di queste cose?
Il Sindacato non serve, ognuno ha interessei diversi, sarebbe impossibile andare d’accordo.
Qual è il futuro della discesa?
Non so, mi pare che le piste diventino sempre più facili e meno veloci. Di questo passo conteranno soltanto gli sci, gli sciatori serviranno più a niente. Io sono per le cose difficili, mi divertono.
La tua linea di discesa è sempre diversa da quella degli altri, qual è il tuo sistema?
Io mi butto giù, se faccio un errore cerco di sfruttarlo e se c’è una curva io cerco di andare dritto lo stesso. Si, secondo me le curve non esistono!

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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