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Sciare 50 anni – 8: Gli anni della tecnologia

Ogni stagione ha il suo sci. Il suo sci inteso come modello dei sogni, quello che tutti vorrebbero, perché vince in Coppa, perché è una bomba, perché è di moda… Senza ombra di dubbio, il 1975 vede, tra questi, lo Spalding Alfa 450, che già si era visto nel ’74. Era lo sci di Gustavo e di molti atleti della Valanga Azzurra. Averlo significava volare. Veniva proposto a 200 mila lire ed era naturalmente un puro modello racing, segnalato anche dal sottotitolo «Squadra Corse». Una vera e propria esca per gli appassionati di medio livello che mai avrebbero dovuto acquistarlo. Ma erano gli sci di Gustavo… Una valida alternativa era il Maxel X2, versione slalom gigante, di cui Erwin Stricker era il paladino più noto, o il Renntiger della Völkl che vive ancora oggi come top della collezione. Blizzard lanciava i Firebird, Fischer i «C4», K2 gli «810 Comp», portati sul podio con successo dai Mahre, mentre Head cavalcava l’onda della moda con modelli da «Hot Dog». Indimenticabili i Kästle «X11», i Rossignol «Roc Competition», gli sci di Pierino Gros, Claudia Giordani e Herbert Plank. Dynastar invece proponeva gli Omeglass. Queste le aziende presenti sul mercato nel 1977: Atomic, Authier, Blizzard, Dynamic, Dynastar, Elan, Erbacher, Fischer, Freyrie, Gipron, Hart, Head, Kästle, Kneissl, K2, Lamborgini, Maxel, Morotto, Nordler, Olin, Riesinger,

I mitici Salomon SX 80, una delle prime versioni di scarponi a calzata posteriore
I mitici Salomon SX 80, una delle prime versioni di scarponi a calzata posteriore

Rossignol, Roy Ski, Sarner, Sfida, Spalding, Trabucchi, Vittor Tua, Völkl. 29 aziende in totale di cui oggi ne sono rimaste solo 10! Vediamo, giusto per curiosità, la dilatazione dei prezzi medi tra il ‘76 e l’82. Nel ‘76 l’Aomic Bionic da gigante costava oltre 195.000 lire, mentre, nell’82, l’analogo team Bionic RS superava le 280.000 lire. Il Rossignol Roc Competition, inseguito dai gigantisti, era proposto a 180.000 lire, mentre l’SM CPT costava 300.000 lire.
Gli scarponi sono già usciti dai modelli in plastica monoblocco, prime versioni dopo il cuoio, e a metà anni ’70 si presentano con il «due pezzi» scafo e gambetto, e con tipi di plastica di differente durezza in base alle esigenze: termoplastica, morbida ed economica, per il bambino; poliuretano a differenti spessori per le scarpe turistiche; in adiprene per le versioni racing. Il gambetto e lo scafo sono uniti da una vite posta a volte anche all’altezza della pianta del piede e il gambetto risultava più alto rispetto ai modelli di oggi. I produttori, in questa fase, sfornano comunque soluzioni diverse, professandole come frutto di ricerche scientifiche. San Marco, San Giorgio, Munari, Caber, Dolomite, Risport, Trappeur, Lange, Dachstein, Garmont… non c’era un modello uguale all’altro. Tra i più cari, ma anche tra quelli maggiormente ricercati, si distingue il «Top Racer» San Marco (100.000 lire), duro come l’acciaio, ma di una precisione incredibile e comunque più abbordabile dei Lange XL 1000 e 800 (da 126 a 144.000 lire).
Nella stagione ’77, fino all’83, gli scarponi disponibili sono prodotti da Brixia, Caber, Dachstein, Dalbello, Dolomite, Dynafit, Garmont, Hanson, Lange, Kastinger, Koflach, Munari, Nordica, Raichle, Risport, Roces, San Giorgio, San Marco, Scott, Stefan, Tecnica, Vendramini, Weinmann, Zeta Nord. Nel giro di 5 stagioni il prezzo medio sale, come per gli sci, di circa 100.000 lire. Ecco un esempio: Nordica Tempest da gara 88.000 lire, Nordica Competition S 185.000 lire. Di queste aziende oggi ne sono rimaste in vita 4, ma c’è da dire che alcune hanno cambiato nome per fare il pacchetto sci. Così Koflach è Atomic, Sangiorgio è Salomon, Munari, San Marco e Brixia sono Head.
007Per quanto riguarda gli attacchi, gli occhi sono puntati sul Salomon 555 Equipe (64.000 lire), il Tyrolia 350 Diagonal Racing (57.000 lire), il Marker M4 Rotamat (65.000 lire). Un sistema rivoluzionario cambierà la «vita» degli attacchi. Un inventore di Thiene propose un sistema per bloccare lo sci in caso di sgancio: ski stopper Bortoli! Andava a sostituire il laccio che bisognava legare attorno alla caviglia per evitare che lo sci, una volta sganciato, scivolasse fino a valle. Lo ski stopper si rivelò ben presto un accessorio fondamentale per non dire indispensabile e fu adottato velocemente da tutti i produttori.
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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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