Lo slalom di Val d’Isère si presenta subito per quello che è: stretto, nervoso, senza respiro. Un tracciato da Coppa del Mondo vero, con distanze ridotte tra le porte, nove figure che spezzano il ritmo e una parte finale che non concede appoggi comodi. Qui non vince chi spinge, ma chi indovina il tempo.
A farlo meglio di tutti, nella prima manche, è Loïc Meillard. Lo svizzero mette insieme una discesa di grande controllo, senza mai cercare l’effetto. Centralità immediata, rilascio pulito nel cambio, sci sempre sotto i piedi. Il cronometro si ferma su 47”49, un tempo che non impressiona per aggressività, ma per precisione. Una manche che dà l’idea di essere stata pensata, non improvvisata.
Alle sue spalle la Norvegia fa blocco.
Timon Haugan è secondo a soli cinque centesimi, nonostante una condizione fisica non ideale. Parte cauto, cresce nella parte centrale, recupera molto e limita i danni nel finale. Subito dietro Atle Lie McGrath, terzo a 14 centesimi, autore di una manche in progressione: qualcosa perso nel primo settore, poi ritmo e fluidità ritrovati quando la tracciatura gira di più.
Il quarto posto di Henrik Kristoffersen, a 43 centesimi, racconta una prova solida ma non ancora risolutiva. Il norvegese resta vicino ai migliori fino all’ingresso nella tripla finale, dove un errore di tempismo lo costringe a toccare il palo e a lasciare sul terreno decimi pesanti. Subito dietro, Lucas Pinheiro Braathen paga la sua generosità: attacca, prende spazio, ma su un tracciato così stretto lo spazio si paga.
Il dato che colpisce è che cinque atleti sono racchiusi in mezzo secondo. Segno che lo slalom, qui, non ha ancora deciso nulla.
Fa rumore invece la manche di Clément Noël.
Su una pista teoricamente disegnata per slalomisti puri, il francese non trova mai il vero ritmo: prende troppo spazio prima dei pali, arriva spesso fuori tempo e nella tripla finale perde molto. Ottavo a oltre un secondo, con la sensazione di aver subito il tracciato invece di interpretarlo. In una disciplina così incerta, è un segnale che pesa. L’ultimo vincitore, Paco Rassat è invece uscito a metà percorso.
Ed è a questo punto che il racconto diventa azzurro. Tommaso Sala chiude la prima manche nono a +1”19, con il pettorale 29, su una pista già segnata e con una luce in cambiamento. Non è solo una posizione: è una manche che restituisce senso. Sala scia rapido, agile, centrale. Non forza mai, cerca velocità nei raccordi, resta lucido nelle figure più complicate. La tripla finale la affronta con intelligenza, tenendo margine.
A fine manche lo racconta senza enfasi, ma con lucidità:
«Le prime porte hanno segnato un po’, non erano facili. Ho cercato di uscire bene senza strafare. Nei raccordi ho provato a creare velocità. Siamo tutti attaccati, la seconda sarà da divertirsi».
E quando gli fanno notare che il distacco è contenuto, la risposta è secca: «Ce la giochiamo fino all’ultima curva».
Per uno che arriva da un infortunio lungo e silenzioso, è una frase che pesa quanto il tempo sul tabellone. È la fotografia di un ritorno non urlato, ma vero.
Più indietro Alex Vinatzer, 24esimo a +2”29, non trova ritmo fin dall’uscita dal cancelletto. Fatica nelle prime figure, accumula ritardo e quando prova a recuperare la tripla finale lo punisce. Non è la sua manche, ma su una pista così la seconda può cambiare molto.
Nella seconda potrebbe esserci spazio anche per Tobias Kastlunger che qui riesce a sciare meglio che in tutte le altre piste. 28esimo al traguardo è necessario attendere la fine della manche. Sfortunatissimo, invece Tommaso Saccardi, fuori per pochissimi centesimi. Out Simon Maurberger, lontano Mattro Canins
La classifica della prima manche






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