Questa è la storia di un inverno (stra) carico di neve raccontata da Mauro Valt, che dal 1987 lavora per il Centro Valanghe di Arabba ARPAV, sezione dell’ARPA regionale veneta. Un documento che spiega scientificamente le precipitazioni naturali della stagione rivelatesi al di sopra della media praticamente su tutte le montagne italiane, dalle Alpi agli Appennini.
Fenomeni di intensità notevole sia in quota che nelle fasce pedemontane e in pianura. Questa del 2020/21 è stata una stagione veramente eccezionale che il nostro esperto collaboratore ha monitorato fedelmente fino alla data del 31 gennaio ricavando il rapporto che pubblichiamo, dove vengono segnalati alla fine anche i problemi indotti da tanta abbondanza di neve.
La stagione invernale 2020-2021 è iniziata con abbondanti nevicate fino nei fondovalle alpini e prealpini, formando un manto nevoso con spessori importanti fin dalla prima decade del mese di dicembre.
A queste prime nevicate, maggiori e più intense sulle Alpi orientali, sono seguite altri importanti episodi con un ulteriore incremento degli spessori di neve.
Questa situazione ha determinato la formazione di numerose valanghe da slittamento sul territorio e importanti carichi di neve sulle costruzioni. Nella presente relazione, viene descritta la situazione a fine gennaio.
Fonte dei dati
I dati relativi agli spessori del manto nevoso, alle nevicate e alle densità della neve sono dedotti dagli open data di alcune amministrazioni, dalla trascrizione dei valori riportati a corredo dei bollettini valanghe e tratti dai geoportali regionali (www.arpa.piemonte.it – www.arpa.veneto.it – meteotrentino.it – presidi2.regione.vda.it – www.meteo.fvg.it/neve.php – meteomont.carabinieri.it/home – www.meteomont.org – www.arpalombardia.it/Pages/Ricerca-Dati-ed-Indicatori.aspx – meteo.provincia.bz.it/stazioni-meteo-montagna.asp – www.nimbus.it).
L’inizio della stagione 2020/21
Le prime nevicate della stagione invernale sono state nel mese di ottobre con alcuni episodi che hanno determinato una neve sciabile fino a 2.000 mt in molti settori delle Alpi.
Al fresco mese di ottobre è seguito un mite mese di novembre che ha determinato una generale scomparsa delle precoci nevicate su quasi tutti i pendii, eccetto quelli in ombra e con buon riparo orografico invernale.
Nella prima decade del mese di dicembre, intense nevicate hanno interessato le Alpi, soprattutto quelle orientali, con neve fino a bassa quota. La neve è comparsa anche sull’Appennino ligure e tosco-emiliano fino a 200-400 m di quota.
Gli apporti nevosi nelle Alpi orientali sono anche di 250 cm a 2.200 mt di nelle zone più settentrionali, 200 cm a 1.600 m di quota e di 130-150 cm nei fondovalle (1.200 m).
Nella fascia prealpina, il temporaneo rialzo del limite neve/pioggia oltre i 1.600 mt di quota il 5 dicembre, ha determinato cumuli di neve inferiori ma significativi e superiori al metro.
Nella figura 1, è rappresentato l’indice di spessore medio della neve per le Alpi (HS.imed) calcolato sulla base di oltre 20 stazioni storiche ubicate in zone significative nella fascia altimetrica fra i 1.500 e i 2.500 mt.
La fascia colorata in azzurro, corrisponde al valore definito «nella norma» rispetto al periodo considerato (2000-2019) e con la linea color rosso, l’andamento della stagione 2020-2021.
Appaiono subito evidenti i 4 episodi di precipitazione nevosa che hanno incrementato il manto nevoso e che il valore di questa stagione invernale sia molto oltre al norma.
Le precipitazioni della prima decade del mese di dicembre, determinano un valore di HS.imed sulle Alpi intere di circa 100 m.
Nella figura 2 che è una immagine elaborata da satellite relativa al giorno 14 dicembre e nella quale la neve è rappresenta con una colorazione azzurra, è possibile osservare come la copertura nevosa sia presente anche sulle Prealpi.
Figura 2
La particolarità di questo primo evento è che la neve è arrivata fino a fondovalle, dando un aspetto invernale anche alla fascia prealpina e parzialmente alla pianura.
Se si osserva la figura 1, la linea tratteggiata azzurra rappresenta l’andamento dell’indice della stagione invernale precedente, caratterizzata da straordinarie precipitazioni nevose in quota nel mese di novembre e intense piogge a fondovalle.
L’indice HS.imed, calcolato nella fascia 1.500-2.500 mt, ha valori uguali e anche superiori alla stagione in corso.
Dopo un episodio nevoso la sera della vigilia di Natale, lunedì 28 dicembre un nuovo sistema frontale, annesso alla profonda depressione sul Mare del Nord battezzata «Hermine», interessa le Alpi determinando nuove nevicate anche a bassa quota.
La neve ricompare di nuovo nella Pianura Padana, come di può osservare in figura 3. Anche in questo episodio, le nevicate sono più intense nelle Alpi centro-orientali e in particolare la Val d’Adige, sulle Dolomiti e in Carnia.
Figura 3
Vengono misurati 50 cm di neve fresca a Trento, 40 cm a Tolmezzo, 25 cm a Belluno per fare alcuni esempi. L’inizio del 2021, è caratterizzato ancora da intense nevicate sulle Alpi e sugli Appennini.
Il limite neve/pioggia è inizialmente basso, con neve molto soffice per poi risalire a 500-700 m di quota. Gli apporti nevosi sono di 40-60 cm con valori anche di 90 cm sulle Alpi Pennine a 2.000 m di quota.
Nella seconda decade di gennaio le nevicate arrivano quote collinari, sia sull’Appennino Ligure che tra il Lazio e la Campania, mentre a quote intorno ai 700/1.000 metri sulla Calabria e la Sicilia.
L’accumulo di neve fresca
Un nuovo intenso episodio si verifica dal 21 al 23 gennaio con precipitazioni forti e diffuse sia sulle Alpi che sugli Appennini.
Il limite delle nevicate è stato molto variabile fra 900 e 1.300 m di quota, temporaneamente anche a 1.600 mt, per scendere a fine evento ben al di sotto dei 1.000 m.
Si ha di nuovo molta neve sull’Appennino Tosco-Emiliano sopra i 1.300 m e sulle Alpi orientali, dove gli spessori di neve al suolo sono superiori agli inverni nevosi del 2009 e del 2014.
Nei fondovalle delle Dolomiti si misurano 50-80 cm di neve fresca. Come si può osservare sempre in figura 1, l’indice HS.imed del 2021, a fine gennaio, è simile a quello della stagione invernale del 2018.
Pertanto, si può affermare che negli ultimi inverni (2018,2020 e 2021), l’inverno è stato abbondante di neve almeno sulle Alpi ma con «storie» diverse. Molta neve a novembre nel 2020 e molta neve a fine dicembre-metà gennaio nel 2018. La particolarità di questo inverno è la grande quantità di neve nei fondovalle alpini già da inizio dicembre.
Nella figura 4 è riportato l’indice SAI per il cumulo di neve fresca caduta dal 1 di ottobre al 31 di gennaio.
Il valore adimensionale, evidenzia che la stagione in corso ha il secondo valore di cumulo di neve fresca degli ultimi 90-100 anni, superata solo dall’inizio inverno del 2009 e di poco superiore all’inverno del 1960 e del 1951.
Figura 4
Nella figura 5 è spazialmente rappresentata la distribuzione in quota della neve fresca caduta nella fascia altimetrica fra i 1.500 e i 2.500 m nei mesi di dicembre e gennaio e in figura 6 alle quote inferiori.
In questa ultima figura è possibile osservare come gli accumuli di neve fresca al di sotto dei 1.500 mt, siano più importanti nelle Alpi orientali rispetto alle Ali occidentali.
Figura 5
Figura 6
Carichi di neve sui tetti
Gli importanti spessori di neve al suolo a fondovalle, hanno evidenziato anche delle problematiche relative ai carichi della neve sulle coperture.
I valori di carico sono normati dal Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del 17 gennaio 2018: Aggiornamento delle «Norme tecniche per le costruzioni».
Il carico provocato dalla neve sulle coperture è valutato mediante una equazione che tiene conto del valore di riferimento del carico della neve al suolo, del coefficiente di forma della copertura, del coefficiente di esposizione e del coefficiente termico della copertura.
Il valore di riferimento del carico della neve al suolo (punto 3.4.2. delle Norme Tecniche) dipende dalle condizioni locali di clima e di esposizione, considerata la variabilità delle precipitazioni nevose da zona a zona.
La norma dice che in mancanza di adeguate indagini statistiche e specifici studi locali, che tengano conto sia dell’altezza del manto nevoso che della sua densità, il carico di riferimento della neve al suolo, per località poste a quota inferiore a 1.500 m sul livello del mare, non dovrà essere assunto minore di quello calcolato sulla base di espressioni matematiche riportate nel decreto a cui corrispondono valori associati ad un periodo di ritorno pari a 50 anni per le varie zone geografiche (Zona I Alpina, Zona I Mediterranei, Zona II e Zona III ).
A titolo di esempio si riportano le prime elaborazioni dei i valori raggiunti nelle Dolomiti il 31 gennaio (figura 7- linea azzurra). Queste sono risultati inferiori ai carichi raggiunti nel marzo del 2014 (linea rossa) e nel gennaio del 2009 (linea verde).
Figura 7
Valanghe da slittamento
Una caratteristica importante e impattante sulla gestione del territorio in ambiente alpino, sono le valanghe di slittamento (glide avalanche). Sono frequenti negli inverni con abbondanti nevicate a inizio stagione. E hanno spessori di neve superiori ai 150 cm. Come avvenuto negli inverni 2009, 2014 e 2020, con temperature miti prima dell’arrivo della neve, superficie di scorrimento liscia rappresentata da erba a stelo lungo o roccia e da uno strato di neve umida a contatto con il terreno (valanghe da slittamento fredde).
Il mese di novembre 2020 è stato, in montagna, uni dei più miti dal 1990. Le abbondanti e intense nevicate della prima decade del mese di dicembre, hanno innescato il fenomeno della valanghe di slittamento, che sono diventate meno frequenti nel corso del mese, per riprendere dopo le nevicate della prima decade di gennaio.
Questa tipologia di valanghe, che si muovono lente e si manifestano inizialmente con delle fessurazioni del manto nevoso, chiamate bocca di balena, non sono prevedibili ne gestibili. Lo hanno evidenziato diversi ricercatori in lavori scientifici di altro spessore.
Nella figura 8 un esempio: a destra le fessurazioni a bocca di balena di una valanga di slittamento ricoperta da una debole nevicata. A sinistra la valanga derivata da un precedente slittamento.
Di norma vengono divise in due grandi categorie. Valanghe da slittamento calde, in cui tutto il manto nevoso è isotermico e l’acqua di fusione o la pioggia umidifica il terreno e tipiche della primavera. E da valanghe slittamento fredde come quelle di questo inizio inverno.
Queste tipologie di valanghe sono state frequenti in più periodi. Specie lungo la viabilità in quota ma anche a ridosso dei paesi a bassa quota, a causa dell’abbondante innevamento di fondovalle.
Conclusione
L’inizio della stagione invernale 2021 è stato caratterizzato da abbondanti precipitazioni in quota e a fondovalle. Fenomeni che hanno dato un aspetto invernale al territorio montano anche a fondovalle.
Gli elevati spessori di neve hanno generato problematiche relative al fenomeno delle valanghe di slittamento. Mentre, almeno fino alla fine di gennaio, i carichi di neve sulle costruzioni sono sembrati nella norma.
Chi è Mauro Valt
57 anni, bellunese di Falcade, sposato con la signora Mirella e padre di Martino (maestro di sci e allenatore) ha un diploma di perito minerario e dal 1987. Lavora per il Centro Valanghe di Arabba ARPAV, sezione dell’ARPA regionale veneta.
In tutti questi anni ha maturato una esperienza unica nel monitoraggio e nella valutazione delle precipitazioni nevose. Che si è arricchita con la partecipazione a numerose spedizioni scientifiche in Artide e Antartide.
Da sempre appassionato di montagna e di sport invernali, fa parte della Commissione Regionale di valutazione per l’assegnazione delle qualifiche di maestro di sci e di guida alpina. Guida inoltre, da molti anni lo Sci Club Val Biois. Storia di un inverno Storia di un inverno Storia di un inverno Storia di un inverno Storia di un inverno