È passato un anno. Un anno da quella mattina in Val Senales in cui il tempo si è fermato, come se la montagna avesse deciso di trattenere il fiato. Lì, dove Matilde Lorenzi stava facendo ciò che amava: sciare, allenarsi, cercare la linea perfetta. Una linea che, quel giorno, si è spezzata.
Da allora, ogni curva ha un suono diverso. Ogni partenza pesa un secondo in più. Non per paura, ma per rispetto.
Matilde non era solo una promessa dello sci. Era una ragazza piena di luce, di curiosità, di vita. Aveva imparato presto che la velocità è una questione di misura, non di incoscienza. E affrontava la pista come si affrontano i sogni: con fiducia, con metodo, con quella grazia che solo i giovani conoscono.
Il suo nome oggi è diventato un impegno.
Lo è per la Fondazione Matilde Lorenzi, nata grazie all’amore e alla forza dei genitori, Adolfo ed Elena, che hanno trasformato la perdita in missione. Lo è per chi lavora al progetto SkiSlo, insieme al Politecnico di Torino e di Milano, per rendere lo sci più sicuro attraverso la tecnologia, i sensori, le mappe digitali del rischio. Lo è per ogni allenatore, dirigente, genitore che da allora guarda la neve con un occhio in più: quello della responsabilità.
Un anno fa abbiamo perso una ragazza. In questi dodici mesi abbiamo imparato che la sicurezza non è un vincolo, ma un valore.
Che la cultura della prevenzione non si impone: si educa, si costruisce, si tramanda.
Poi, ad agosto, la neve ha chiesto un altro tributo. Matteo Franzoso — talento puro, sorriso aperto, compagno di quella stessa generazione — se n’è andato troppo presto, lasciando un silenzio che nessuna parola può riempire.
Due storie diverse, due ferite vicine. Un solo grido, però: basta considerare il rischio come parte del gioco.
Perché dietro ogni casco c’è una persona. Dietro ogni numero, un cuore. Dietro ogni tracciato, una vita che chiede di essere protetta.
Matilde Lorenzi non è più sulla neve, ma è nella neve.
Nel modo in cui oggi si costruisce una pista, si disegna un allenamento, si insegna una curva. Nel modo in cui il suo nome è diventato verbo: proteggere. E forse questo è il vero significato della memoria: non ricordare per piangere, ma ricordare per cambiare.
Perché la neve, quando riconosce chi la guarda negli occhi, non dimentica mai.






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