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Vigevano in piedi per le tre leggende Tomba, Compagnoni e Ghedina

Vigevano, Teatro Cagnoni. Fondale rosso, velluto e oro. Un teatro nato nel 1873 che ierisera,  10 novembre, è sembrato respirare neve. Dentro, un’Italia che ha ancora voglia di emozionarsi: capelli grigi e occhi lucidi, ma anche bambini col naso all’insù.

Sul palco, Tomba, Compagnoni, Ghedina.

Tre nomi che bastano a riscrivere trent’anni di neve e televisione.
Li ha messi insieme l’USSI, con la regia di Gianni Merlo, l’ironia di Giovanni Bruno, la sensibilità di Pierangelo Molinaro e la grazia elegante di Simona Rolandi, bravissima e luminosa nel condurre un evento che sembrava una favola in diretta.

Il giornalista Gianni Merlo, Andrea Ceffa Sindaco di Vigevano, la conduttrice Rai Sport Simona Rolandi e Gianfranco Coppola, Presidente Ussi

Ha aperto il sindaco Andrea Ceffa, poi un balletto bianco – trenta ragazzi come fiocchi di neve – ha trasformato il palco in una pista.


Quindi la voce di Flavio Roda, presidente FISI:
«Non abbiamo più i campioni di ieri, ma abbiamo ragazzi di qualità che credono nel lavoro e nel sacrificio. Quante medaglie vinceremo? Con i tanti infortuni abbiamo un po’ meno certezze, ma sarei felice se riuscissimo a raggiungere la doppia cifra».

Poi Andrea Monti, responsabile comunicazione di Milano-Cortina 2026, ha raccontato l’organizzazione dei Giochi e la forza simbolica del viaggio della Fiamma Olimpica.

A entrare nel dettaglio, Damiano Lestingi, ex nuotatore olimpico e responsabile operativo del percorso: «Partiremo il 26 novembre da Olimpia, in Grecia. Poi Roma il 4 dicembre, e da lì sessanta tappe, dodicimila chilometri, diecimila tedofori, sessantatré giorni di viaggio fino a Milano, il 6 febbraio 2026».

E qui, inevitabile, l’aneddoto: Tomba sorride: «Io l’ho fatto a Torino 2006. Dodici ore chiuso in una stanza. Quando sono uscito con la torcia ero in trance…».

Compagnoni, divertita: «Sì, infatti a me e a Pierino Gros dissero di accelerare il passo perché Alberto era stato troppo lento!». La platea piegata in due dalle risate.

Poi il tono cambia, ma non il ritmo.

Deborah Compagnoni, voce limpida e ferma, racconta la fatica di rialzarsi:
«Le gare più belle, le vittorie più vere, sono arrivate dopo gli infortuni.
Mi hanno insegnato a conoscermi, a capire chi ero davvero.
Mi hanno dato carattere, più di qualsiasi medaglia».

Kristian Ghedina, da Cortina, riporta la scena alla follia della velocità:
«La velocità ce l’ho nel sangue. Una volta, da ex, sono salito a piedi all’Hausbergkante di Kitzbühel. Mi sono piazzato nel punto più alto, a guardare gli altri passarmi a cento all’ora a mezzo metro. E ho pensato: “Questi sono pazzi!”»
Merlo lo interrompe: “Ma non eri tu quello del salto a gambe divaricate sulla Streif?” Ghedina ride: «Ma va, perché folle? Va beh, dai…». E il teatro esplode.

Poi arriva Tomba

Fa Tomba, come sempre: racconta, gioca, improvvisa, ma ogni battuta ha una verità nascosta. «Io dovevo vincere. Il secondo posto non valeva niente. È una pressione che ti logora. E poi ero circondato dai giornalisti: alcuni non sapevano nemmeno cosa fosse la neve e inventavano di tutto. Come l’intervista di oggi sul Corriere: ma ti pare che mio papà si fosse messo ad allevare canguri? Da una mia battuta ironica uscivano storie assurde! Ma ci sta, dai: sono stati anni incredibili.»

Giovanni Bruno interviene, sorridendo: «A Sestriere, doppia vittoria, le sue prime di Coppa, dovettero scortarlo sulla camionetta dei Carabinieri.
E il nostro operatore, un atleta anche lui, correva dietro per non perderlo di vista!»
Il ricordo poi scivola a Sanremo:
«Quella volta – racconta – la telecronaca di Pigna venne oscurata e sostituita da quella di Franzelli, che commentava nascosto dietro il sipario, davanti a un minuscolo monitor.
Si temeva che, con venti milioni di telespettatori, potesse cadere la linea da Calgary!»
Applausi, risate, nostalgia.

Poi, in un discorso scivolato sulla sicurezza, la trovata che scatena di nuovo il teatro: «Sono io che ho inventato il casco!» dice Albi!
Non quello tecnico, spiega, ma l’idea di portarlo per primo in gigante.

Gianni Merlo proietta sullo schermo le prime pagine della Gazzetta dello Sport: immagini e titoli che sembrano dipinti.
Tomba guarda e sorride: «Hai visto qui? Tutta la prima pagina per me e Deborah. Niente calcio, nemmeno una partitella. Oggi sarebbe impossibile!»

Giovanni Bruno ricorda quando nei rifugi di montagna si appendevano i cartelli: “Qui le gare di Alberto Tomba”.
Perché nei giorni delle sue discese, gli appassionati erano tutti in pista, non davanti alla tv: un Paese che scendeva con lui, curva dopo curva.

E Simona Rolandi regala un momento di pura emozione, ricordando Furio Focolari, la voce Rai di quegli anni, scomparso da poco: «È lui che in Rai ci ha insegnato a raccontare la neve con il cuore». Applauso lungo, denso di memoria.

Verso le 23.30, dopo quasi tre ore di incontro, Tomba scherza: «Però ora mi sembra che mezza platea se ne sia andata… li abbiamo fatti addormentare tutti!». Merlo replica: «Guarda meglio: c’è più gente adesso di quando abbiamo cominciato!». E il pubblico risponde con un applauso che scuote le pareti del teatro.

Poi il sipario si richiude come si era aperto: con la danza. Stesso corpo di ballo, ma stavolta vestito di nero. Un balletto moderno, pulsante, come a chiamare la notte. La notte di Vigevano.

Fuori, il freddo che punge. Dentro, il calore di tre voci che non si spengono mai. Tomba, Compagnoni e Ghedina: non più solo leggende, ma la prova che l’Italia sa ancora emozionarsi davanti a loro, prima ancora che davanti alla neve. Bravo Gianni!

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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