Si sente spesso parlare di dinamicità dell’azione e ciò che si intende con questo termine resta sempre un po’ nel vago. Da cosa dipende la dinamicità e quale può essere il pensiero di riferimento per rendere dinamica la sciata, efficiente come gesto e bella da vedere? È molto utile paragonare l’azione dello sciatore, in una sequenza di curve, ad una corsa a piedi, concentrandoci sulla successione di appoggi da piede esterno a piede esterno (es. dal piede sinistro nella curva a destra al piede destro nella curva successiva a sinistra e da questo nuovamente al piede sinistro… e così via).
Se ragioniamo un attimo su cosa succede nella corsa è facile capire che l’appoggio di un piede è sempre in funzione del rilancio del passo successivo e che l’intensità dell’appoggio e del rilancio è determinata dalla lunghezza del passo e dalla direzione dell’appoggio successivo rispetto a quella con cui arriviamo sull’appoggio preso in considerazione. Se immaginiamo di correre su dei sassi disposti qua e là è ancora più evidente che andando a prendere appoggio su un sasso dobbiamo avere già chiaro a quale distanza ed in quale direzione si trova quello successivo: dalla valutazione fortemente anticipata di questi due aspetti (distanza e direzione) dipende l’organizzazione dell’azione, in direzione, intensità e tempismo esecutivo. Spiccando il balzo verso il nuovo sasso dovremo subito visualizzare la posizione di quello dopo e magari intuendo a colpo d’occhio la posizione di quello ancora dopo… In pratica dovremo sempre sapere in anticipo dove dovrà essere indirizzata l’azione per valutare ed immaginare in anticipo le difficoltà.
Un esercizio mentale utile (ogni momento della giornata è buono…) è quello di pensare ad una corsa continua ad esempio su una serie di sassi posti in uno stagno, dove rischieremmo di cadere in acqua mancando un solo appoggio; oppure di doverci arrestare su un sasso se non abbiamo valutato in tempo la posizione di quello successivo, togliendo quindi continuità e dinamicità alla nostra azione. Capiamo subito due cose importanti: 1) che la visualizzazione anticipata consente l’organizzazione anticipata dell’azione; 2) che il rilancio del nuovo passo dipende dalla qualità dell’appoggio e dallo sviluppo di forza elastica (la presa del piede sul sasso, la direzione che si dà alla spinta e l’intensità con cui la si dà). Il momento dell’appoggio e la qualità del rilancio del passo verso il sasso successivo raccoglie in sé la capacità di anticipo motorio e le capacità tecniche di presa e rilancio dell’azione. In due articoli di gennaio e febbraio 2014 «Intenzione di direzione» e «Far West» è particolarmente evidenziato l’aspetto dell’anticipo motorio, come anche in un altro articolo del gennaio 2013 «Da muro a muro». Altri articoli entrano nei particolari tecnici dell’azione dei piedi in funzione della presa, del taglio, della lettura del terreno e nella gestione dell’equilibrio: «Piedi…please!», «Pane e sci», «Interno leader» ed altri ancora (disponibili a richiesta – checkpoint@jamsession.it. Quello che abbiamo evidenziato sotto il titolo e quello che ci interessa oggi è capire questo «crescendo d’azione» necessario per rendere dinamica la sciata. In cosa consiste? Due gli aspetti imprescindibili: 1) un aspetto «mentale» di programmazione: avere un’idea chiara e fortemente anticipata (durante la fase di inversione) di quanto vogliamo/dobbiamo chiudere la curva che andiamo a fare, con l’idea della direzione, dei tempismi e dell’intensità da dare all’azione per un unico scopo, uscirne «a bomba»; 2) un aspetto «tecnico-esecutivo»: dare incremento all’angolo di incidenza sci-neve coordinandolo con un crescendo di sforzo muscolare che raggiungendo un picco che può essere molto elevato non si fermerà su quel picco, ma andrà a sfumare nell’inversione per l’ingresso nella curva successiva. Cosa cambia rispetto alla corsa sui sassi? Sostanzialmente nulla sotto il profilo dell’anticipo motorio (visualizzazione degli spazi, programmazione dell’azione, intensità e tempismi esecutivi). Tecnicamente cambia il tipo di appoggio, di vincolo: sul sasso il piede appoggia tendenzialmente piatto in modo da far aderire bene la suola della scarpa, con gli sci, come abbiamo detto, poco sopra il piede. Quindi (I piedi) devono dare agli sci un crescendo di inclinazione durante la curva in modo che questa crescente inclinazione, combinata con crescente tensione muscolare, incrementi fino a che necessario l’efficacia del vincolo, determinando quella reazione dal terreno che ci fa da sponda e che ci fa deviare. Insomma dobbiamo crearci una sponda con resistenza crescente dando crescente inclinazione e forza… ed è qui che casca l’asino. Cosa accade di solito? I piedi prendono un po’ di spigolo ma non lo incrementano, lo spigolo resta sempre quello ed al crescere delle forze «nemiche» gli sci derapano; il corpo cerca una posizione di equilibrio ma non ha una direzione di uscita verso la quale tendere, esprime staticità, non esprime una volontà di uscire dalla curva e di andare a «sbranare» la curva successiva. Il movimento «chiave» da imparare è quello di prono-supinazione dei piedi: mentre il piede esterno alla curva «prona» il piede interno alla curva «supina», movimenti coordinati e contemporanei. Da questo semplice movimento deriva il tutto. I piedi che vogliono pronare e supinare inducono tutto il corpo a prendere la giusta inclinazione e creano delle tensioni e delle linee di forza tra piedi e interno degli scarponi che determinano lo scarico preciso delle forze sugli spigoli dando efficacia crescente alla presa-taglio ed alla deformazione-direzione degli sci.
Queste stesse tensioni tra piede e scarpa sono fonte di lettura dell’equilibrio e inducono tensioni muscolari funzionali all’ottimizzazione continua dell’equilibrio dinamico. I movimenti di prono-supinazione dei piedi sono movimenti inconsueti. Camminando sempre in piano ci capita raramente di dover dare inclinazioni laterali ai piedi per cui per automatizzarli dobbiamo allenare molto il nostro cervello, con moltissime ripetizioni, ad inviare il comando giusto. Il grosso vantaggio e la cosa che dovete sapere, ora che ne abbiamo parlato, è che ogni giorno in ufficio o a casa possiamo ripeterli centinaia di volte e farli diventare i movimenti più familiari. Incliniamo i piedi in parallelo e nello stesso senso (es. come in una curva a destra) sotto la scrivania, agendo sui talloni-caviglie o inclinando il più possibile la linea dei metatarsi… Se abbiamo un mobiletto con uno spazio di 4-5 centimetri sotto al quale possiamo infilare le punte dei piedi, proviamo a sollevarlo inclinando i piedi di qua e di là. Rileviamo le tensioni necessarie per incrementare l’inclinazione dei piedi nonostante il peso del mobile… a livello dei metatarsi, dell’arcata plantare, della caviglia, dei muscoli degli arti inferiori, fino ai glutei! Garanzia di solidità e compattezza di tutta la struttura dello sciatore. Incliniamo di qua e di là alternando senza soluzione di continuità ed immaginiamo di sciare contraendo in modo più evidente i muscoli della parte esterna alla curva che stiamo immaginando. Possiamo anche mettere gli scarponi a secco e fare gli stessi movimenti, è importantissimo capire le tensioni che possiamo provocare tra piedi e scarponi. Possiamo sollevare mobili più pesanti con gli scarponi ai piedi.
Riprendiamo questi movimenti sugli sci, queste tensioni muscolari e questa solidità laterale delle caviglie. Per impararli sviluppiamoli in ogni curva fino al massimo, gradualmente da inizio curva e sempre più intensamente nella parte centrale della curva, da prima del passaggio sulla massima pendenza a dopo la massima, sentiremo gli sci tenere e curvare nella parte centrale di curva con estrema facilità, i piedi e le caviglia di acciaio…
E non dimentichiamo di svilupparli sulla base di un’idea anticipata di direzione, di crescendo di intensità, di voglia di risolvere la curva per uscirne come delle iene!
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