Il “Pensiero di un maestro di sci di oggi si intitola. “Il fumo negli occhi”.
Alla notizia della riapertura ai turisti degli impianti, la stampa nazionale e le TV si sono scatenate nello scrivere o dire che finalmente lo sci poteva ripartire nuovamente.
Il 18 gennaio non è e non sarà, come Sciaremag ha più volte ricordato, un “liberi tutti“. I motivi ormai li conosciamo e sono legati all’andamento dei contagi e alla classificazione delle Regioni: da gialle, arancioni o rosse.
Comunque, c’è di buono, che una data è stata fissata e il Ministro Speranza, scusate il banale gioco di parole, ci ha dato una… speranza. Auguriamoci sia così.
Anche se ho molti dubbi, visto che l’Istituto Superiore di Sanità e i tanti scienziati virologi invitano tutti noi a essere prudenti. Ricordandoci che il freddo è un “amico” propagatore del virus.
Molti colleghi maestri, e non sono gli unici a pensarla così. Ritengono che questo decreto firmato dal Ministro della Salute e richiesto dalle Regioni nella “Conferenza Stato Regioni” sia, come dire, “fumo negli occhi”.
Nella malaugurata ipotesi di non aprire il 18 gennaio, lo Stato dovrà ugualmente impegnarsi per far fronte a ristori. Che a oggi, se non in minima parte, non sono ancora arrivati.
Dunque, una situazione non certo allegra, da qualsiasi punto la si osservi.
Il CTS peraltro non si è ancora pronunciato su quelle che dovranno essere i protocolli da applicare in caso di aperture degli impianti agli sciatori turisti.
Se per i grandi comprensori le eventuali nuove linee guida volute dal Comitato saranno più facilmente applicabili, per le piccole stazioni non sarà così scontato, per i costi costretti ad accollarsi e con incassi a oggi pari a zero.
I conti in tasca non si fanno a nessuno, ci mancherebbe, ma tutte quelle località minori che durante queste feste non hanno lavorato, e per molte di loro la stagione finirà a marzo, è logico pensare che si troveranno in grande difficoltà (così come le grandi), nonostante l’eventuale possibilità di aprire.
Ecco che i ristori, contributi, come li si vuole chiamare, diventano per tutto il comparto sci di vitale (nel vero senso della parola) importanza per consentire di poter finalmente iniziare la stagione, immettendo nelle “casse vuote” liquidità per (ri)partire, garantendo così posti di lavoro, non solo per gli addetti agli impianti, ma per tutto l’indotto che ne consegue, maestri di sci inclusi.
Alcune stazioni, purtroppo, hanno già gettato la spugna, non apriranno più quest’inverno, altre invece stanno per portare i libri in tribunale: tutto ciò non è un bel segnale di ripresa.
L’ipotetico numero chiuso, così da contingentare le presenze, di certo non favorirà questa situazione di crisi che si è abbattuta sulle nostre località di montagna.
La Svizzera, che ha sempre tenuto aperto i propri impianti, parla di un calo di fatturato per gli impianti di quasi il 30% rispetto alla scorsa stagione.
Tutti gli operatori (in primis gli impiantisti, correttamente d’accordo con il Governo nel garantire la massima sicurezza agli sciatori) si augurano che questo “numero chiuso” sia proporzionale alla portata oraria degli impianti, delle piste, dei posti letto della stazione e del fatturato complessivo della località nei precedenti anni senza lockdown.
Numero che dovrà rispondere a un minimo di fattibilità, sostenibilità, per evitare altre ulteriori perdite che porterebbero al collasso totale.
Vorrei concludere con un pensiero rivolto a quei giovanissimi, bambini, per usare la giusta parola, che si stanno allenando come “atleti di interesse nazionale”. Qualcuno ha sollevato dubbi circa questa concessione.
Sono felice che lo possano fare e bene ha fatto la FISI a permetterlo. Si aprono le scuole dell’obbligo il 7 gennaio e si dovrebbe vietare lo sci ai piccoli? Piuttosto facciamo in modo di ritornare insieme a loro sulla neve.
Walter Galli
P.S. Anef, Amsi e Collegio Nazionale maestri di sci si sono fatti sentire e hanno portato “a casa” una data, ottimo.
Anche perché è stato sicuramente un lavoro non facile. Specie quando si ha a che fare con un Governo che ha pensato “solo” al mare, dove quest’estate è stato permesso, qui sì, “il liberi tutti”. Uccidendo poi d’inverno la montagna.