Quando una località ospita una gara di Coppa del Mondo, di solito resta il risultato. Chi ha vinto, chi ha sbagliato, dove si è fatta la differenza. I più appassionati e i più tecnici analizzano le chiavi della competizione, poi il pensiero scivola subito altrove, all’appuntamento successivo, come accade sempre in un calendario che non concede pause. Quasi nessuno si ferma a pensare a tutto ciò che precede un evento di questo livello, perché non si vede e perché, quando funziona, sembra naturale. A Livigno non è stato così semplice, e soprattutto non è stato solo sport.
La gara sulla pista Li Zeta c’è stata ed è stata una gara vera: tecnica, selettiva, senza concessioni. Ha vinto Marco Schwarz, e questo è il dato che resterà negli archivi. Ma fermarsi al risultato significa perdere una parte importante del racconto. Perché una Coppa del Mondo non nasce il giorno della gara: prende forma molto prima, nel lavoro che non fa notizia, nelle decisioni che non finiscono sul palco.
E poi ci sono gli eventi costruiti attorno, non come riempitivi, ma come elementi capaci di dare peso all’occasione. Il Bib Draw Show in Plaza dal Comun ha portato la Coppa del Mondo fuori dal recinto della pista, dentro il paese, tra le persone, con un linguaggio accessibile anche a chi non vive di cronometri. La cena di gala, lo spettacolo pirotecnico sopra la Li Zeta, la sera che ha tenuto insieme atleti, addetti ai lavori e territorio hanno raccontato un’idea precisa di evento, pensato per essere condiviso.
Il passaggio più significativo è arrivato però prima della gara, all’alba, quando la valle era ancora ferma e la pista vuota. Sciare sulla Li Zeta prima dell’agonismo, in un silenzio quasi sospeso, ha restituito una dimensione diversa dell’evento.
Con Giorgio Rocca e Kristian Ghedina, non come testimonial ma come interpreti di una pista preparata per i migliori al mondo, la discesa è diventata racconto. La colazione al Rifugio Costaccia, affacciato sulla partenza del SuperG, ha rallentato il tempo e chiarito il senso di quella scelta.
Quando poi la gara è partita, tutto era già al suo posto, compreso l’accesso alla zona atleti, che ha permesso di osservare da vicino la concentrazione, i silenzi e i gesti ripetuti prima del via, la parte invisibile ma decisiva della performance ad altissimo livello. Livigno ha chiuso così il suo debutto in Coppa del Mondo: con una gara riuscita, certo, ma soprattutto con la consapevolezza di aver trovato un modo credibile di stare dentro l’evento. E quando succede, difficilmente resta un episodio isolato.






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