Il Monte Pora non chiede attenzione. Non alza la voce. Fa come certe persone dell’alta valle: sta dove deve stare, lavora, osserva, raccoglie, poi quando serve si fa trovare pronto.
È sempre stato così. E quest’anno, più di altri, questo carattere torna a galla.
Angelo Radici
La stagione 2025–2026 non inizia con una fanfara. Inizia con un gesto semplice: si apre una porta, e la montagna dice “sono qui”. A raccontarla sono gli occhi della famiglia Radici, che al Pora non ha mai chiesto un ritorno economico. Gli ha chiesto un senso.
Lo dice Angelo Radici ricordando il padre, quasi con pudore: non parla di “visioni”, ma di neve che entrava nelle scarpe da bambino e non se n’è più andata. Da lì è nato tutto: l’idea di prendersi cura di una montagna che aveva bisogno di qualcuno che la considerasse una responsabilità, non un investimento.
Cristina Radici, invece, allarga l’orizzonte. Parla della Val Seriana come di un luogo abituato a lavorare in silenzio, dove l’industria era l’unica lingua. Il turismo? Per anni un ripensamento.
E ora, invece, una possibilità concreta, persino necessaria: un motivo per restare, per credere che la montagna possa essere un mestiere vero.

Cristina Radici
A tenere insieme queste due visioni c’è Maurizio Seletti, l’amministratore che parla poco ma fa parlare i fatti. Se ascolti bene, capisci che la vera svolta è successa prima di questa stagione: negli anni in cui hanno rimesso in ordine i pezzi, limato gli ingranaggi, acceso una luce nuova nei punti che non si vedono ma reggono tutto.

La prova? È nell’estate da 3,5 milioni di euro
vissuta qui come se fosse normale lavorare mentre gli altri riposano. Nessun annuncio roboante, solo metamorfosi: una pista che respira meglio, un rifugio che accoglie con più luce, un noleggio che non ti guarda dall’alto in basso, un impianto che torna giovane, una seggiovia che smette di essere un ricordo e torna ad essere una promessa.

Olga Radici ha lasciato la presidenza del noto sci club al figlio
E poi quel dettaglio chiamato Oloide, che muove l’acqua e impedisce al gelo di fermare tutto.
Una poesia nascosta nella tecnica.
Mentre altrove tutto aumenta, qui gli skipass restano fermi.
Non è populismo: è un modo per dire che la montagna è anche un gesto, non una rendita.
E allora potenzi la biglietteria, velocizzi gli accessi, premi chi usa il web, togli tempo alle code e lo restituisci alle persone. È politica culturale, non gestionale.
Il calendario? Potremmo elencarlo, ma sarebbe riduttivo. Ogni appuntamento è una scusa per stare insieme: la vigilia di Natale con Della Vite che sembra un dono più che un evento, la notte di Capodanno che illumina la valle come un faro, le serate Pora by Night dove la pista Termen diventa un lungomare alpino, le Skieat che hanno trasformato uno spuntino in una scelta identitaria,
e la PORA 90’s, il momento dell’anno in cui anche la montagna fa pace con la propria nostalgia.

La neve è arrivata presto, come se avesse capito che era il momento giusto. Ha coperto l’erba in silenzio, ha imbiancato le attese, ha dato l’okay senza bisogno di firma. Il 5 dicembre l’inverno partirà senza esitazioni. E poi c’è l’altra faccia del Pora: quella che vive quando gli scarponi dormono. La passerella galleggiante che cattura i pomeriggi d’estate, i bambini che scendono con lo snow tube come se fosse un rito tribale, il profumo dello Strinù che sale dal food truck e diventa subito ricordo, i sentieri larghi che ti spiegano cos’è una montagna che non vuole spaventare nessuno. Tutto qui è accessibile, non per semplicità ma per scelta.
Maurizio Seletti
IRTA S.p.A. non gestisce un comprensorio. Gestisce un’idea di montagna. Con settanta persone d’inverno e quasi cinquanta d’estate che tengono acceso un luogo che non vuole essere “per pochi”.
Il Pora è per chi impara, per chi torna, per chi cerca, per chi non scia ma vuole esserci, per chi sale solo per sentire aria buona. E allora sì: questa stagione ha qualcosa di diverso. Non l’ambizione di stupire, ma la capacità di convincere. Non la corsa a diventare altro, ma la volontà di essere sé stessi, in modo più profondo.

Filippo Della vite testimonial fedele del Monte Pora
Il Monte Pora riparte così: senza clamore, con un orgoglio tranquillo, con la forza delle montagne che non deludono e non si vendono. Una montagna che, in fondo, assomiglia a una persona per bene. Ed è forse per questo che chi ci va… ritorna sempre. E ogni volta un po’ di più.
Andrea Pernice dell’omonima agenzia è ormai amico di famiglia del Monte Pora e della famiglia Radici






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