Attrezzatura

VeneSport scende in pista: il gruppo guidato da Flavio Alberti ridà vita alla Roces

VNW è l’acronimo di VeNetWork, una giovane impresa costituita da 78 imprenditori del Triveneto che si sono uniti per investire, produrre e soprattutto rendere attivo il territorio con operazioni che non hanno il loro fondamento soltanto sull’aspetto puramente economico. Quest’avventura non sarebbe mai partita se nei pilastri delle fondamenta non avessero trovato posto un profondo spirito culturale e di sviluppo di nuove attività, capaci di generare occupazione e portare ricchezza sul territorio, preservando quelle che sono le eccellenze del posto. Quindi, tutto questo interessa Veneto, Friuli e parte dell’Emilia. 

    Perché Sciare ne parla è presto detto. Il presidente e socio di VeneSport è Flavio Alberti,

manager sportivo nonché presidente dello Sci Club Cortina Druscié, una delle società più strutturate d’Italia. Inoltre, le operazioni imprenditoriali trovano sfogo anche nel settore neve, montagna e sport.

      Una delle prime acquisizioni portate a compimento nel 2015 è stata la Fantic Motor, noto marchio di motociclette nata negli anni ’70 col mitico Caballero. Il successo dell’operazione ha dato il La a nuovi investimenti in settori verticali come nel bike con la Bottecchia e la Moser, e nella parte motoristica con la storica Motori Minarelli.

Nel 2020 il mirino si è spostato su un altro settore, quello dell’occhialeria con l’acquisizione della Trisottica, specializzata nella produzione di occhiali in acetato. Poi ne sono arrivate altre (sei) per coprire l’intero mercato e proporsi ai clienti come unico riferimento per qualsiasi tipologia di prodotto finito. Questo comparto oggi conta circa 400 dipendenti.

       Nel 2022 la decisione di estendere le opportunità nel settore dello sportsystem che sul territorio vanta una tradizione di antica data specie nel footwear, dagli scarponi per lo sci, l’alpinismo, il trekking, alle scarpe da corsa, calcio…

Rispetto al «Regno di Montebelluna» degli Anni 60-90, oggi c’è un piccolo sottoregno di aziende che ha mantenuto il suo valore qualitativo, con prodotti difficilmente replicabili, ma fa fatica a mantenere un ruolo da protagonista sul mercato. Ecco allora, che gli imprenditori triveneti hanno deciso di scendere anche in questo campo tracciando una mappa di investimento dedicandosi all’hardboot, scarponi, pattini, footwear e trekking. Dalla costruzione dello stampo, allo stampaggio, alla stampa tampografica, all’assemblaggio di tutte le componentistiche fino alla realizzazione della scarpetta e al confezionamento.

         L’operazione non ha lo scopo di creare un’azienda concorrente dei marchi esistenti ma, al contrario, di mettersi a disposizione dei player protagonisti del mercato come veri e propri fornitori. Quindi produttori conto terzi. 

        Operazioni commerciali come quella creata da Hirscher con Van Deer ce ne saranno sempre di più, ovvero piccole ambiziose realtà non ancora così strutturate dal punto di vista produttivo per indubbie problematiche che tale processo crea. 

Flavio Alberti, è tutto corretto?
Sì, questa è la mappa che abbiamo disegnato e il viaggio è già iniziato. Abbiamo acquisito una prima azienda, la UniMonteco di Montebelluna, specializzata nello stampaggio di materie plastiche, come i gambetti, le scarpette; stampaggi tampografici, ad esempio le scritte che sin trovano sugli scarponi e assemblaggio della componentistica.

Quindi lavorate con aziende del settore neve?
Assolutamente sì, sia per scarponi di sci alpino che sci alpinismo. L’azienda, che ora conta 55 dipendenti, è in salute e ci stiamo strutturando per aumentare i giri del motore.

Altre acquisizioni in ballo?
La strada che abbiamo intrapreso va in questa direzione. Abbiamo infatti, appena concluso un’altra bellissima operazione con l’acquisizione di un marchio storico del Regno di Montebelluna, la Roces. Dopo diverse vicissitudini è diventato un marchio molto forte nel settore dei pattini in linea, quad e pattini da ghiaccio. La parte immobiliare si rivelerà fondamentale per costruire tutto il cluster. Porteremo al suo interno altri progetti produttivi proprio per aumentare l’attività nel settore scarponi.

Picture 407

Ridarete vita allo scarpone Roces?
In realtà il suo cuore non ha mai smesso di battere. Vero, ha abbandonato le classiche collezioni per dedicarsi a uno scarponcino da bambino con un brevetto esclusivo: si allunga per accompagnare il piccolo sciatore nel suo sviluppo fisico. E su questo prodotto continueremo a insistere, ma l’adulto no, non ha senso. Non abbiamo alcuna intenzione di metterci a competere con in grandi marchi dello scarpone da sci, al contrario possiamo essere loro fornitori. L’anima del marchio rimane comunque nel settore dei pattini

È un mercato forte?
Dopo un periodo post covid sorprendente ha patito una grossa flessione nel 2023 pari al 30 per cento circa. È un prodotto che piace sempre agli sportivi, come ai bambini, ma c’è una carenza negli spazi dove poterli utilizzare. Non è poi una disciplina olimpica ed anche questo non ne facilita la diffusione. Tuttavia, noi ci crediamo e lavorando a progetti specifici possiamo contribuire a tenere il settore pattini sempre vivo. Diverso, invece, il pattino da ghiaccio perché le Olimpiadi Milano-Cortina daranno sicuramente un forte impulso alla sua diffusione. Il mercato più attivo è senz’altro quello dei Paesi Bassi dove esiste una tradizione che non accenna a esaurire la sua portata. 

Prodotti nuovi all’orizzonte?
Altroché, soprattutto per il bambino. Un pattino con idee innovative che contribuisce allo sviluppo fisico con un certo criterio e aumenta il senso dell’equilibrio. Anche nello Sci Club Druscié noto che i preparatori atletici fanno sempre di più pattinare i ragazzi. Con i pali moderni che possono essere «avvitati» sull’asfalto, diventa un gioco molto divertente oltre che utile. 

Chi dirige oggi Roces?
Innanzitutto abbiamo mantenuto la forza lavoro che c’era prima. Nel piano di sviluppo e rilancio il progetto prevede poi un ampliamento dell’unità produttiva, il che implica un allargamento del personale. C’è un nostro nuovo Amministratore Delegato, Raffaele Prandina che già orbitava nel settore del pattino come manager, mentre e io ne sono il Presidente. 

Montebelluna, con tutta la sua storia di «calzolai» e professionisti della calzatura, è una comunità probabilmente molto chiusa. Come siete stati accolti?
Ovviamente «Radio Scarpa», così la chiamano da queste parti, ha subito diffuso la notizia e devo dire che il grado d’accoglienza è stato totale e speciale. Ovviamente è una mia percezione, ma credo che Montebelluna abbia capito la finalità del nostro progetto. Che è quello di aggregare piccole medie imprese attraverso un processo che altri in passato hanno provato a unire, ma non in maniera concreta. Ci sono stati diversi accordi tra le aziende ma per fare quel necessario salto qualitativo e quantitativo occorreva un’operazione di capitali che non c’è mai stato. Nell’ultimo periodo ci hanno contattato diverse aziende desiderose di entrare a far parte del nostro gruppo.

Gli avete spalancato le porte?
Il nostro approccio è molto umile, non vogliamo sottrarre niente a nessuno. Anzi, è mia intenzione creare un comitato tecnico di indirizzo dove raggruppare le eccellenze dotate di una certa esperienza, persone coi capelli bianchi intendo, per formare manager specializzati di questo settore per il futuro. La scarpa presuppone un lavoro ancora artigianale ma questa cultura si sta disperdendo. Noi vogliamo mantenerla in vita. Qui c’è la storia dello sportsystem e questa ricchezza deve rimanere sul territorio. 

Avete definito obiettivi precisi?
Certamente sì. Abbiamo ben definito la nostra mappa neurale di investimento. Ovvero, acquisire un certo numero di aziende che possano andare a coprire tutti in processi per la costruzione dello scarpone e della scarpa da trekking. Stiamo lavorando per «accogliere» nel giro di un anno altre tre aziende. Non sono colossi ma realtà che vanno dai 2 ai 6/7 milioni di euro di fatturato. Non sarà facile allinearle, efficientarle e crearne le sinergie ma abbiamo un piano d’azione predefinito in continua evoluzione e non sarà difficile trovare la quadra. 

Privilegiate il mercato italiano o quello estero?
Entrambi, anche se quello estero è più generoso, ma credo che il nostro mercato debba essere equamente bilanciato. Sicuramente dobbiamo rafforzarci fuori, perché Roces ha una divisione anche negli States, la Roces Usa, e quella è una piazza dai grandi volumi.

La mamma di tutte queste operazioni come si chiama?
Si chiama VeneSport, di cui sono AD e Presidente, che è figlia di VenetWork. Dunque, è VeneSport che ha acquisito Unimonteco e Roces.

Allora ci vediamo in pista scarponi ai piedi o in strada sui pattini?
Adesso possiamo fare entrambe le cose! Sono convinto che il pattino sia molto utile allo sciatore così come al fondista, perché è il primo passo verso lo skiroll. Poi se mi chiedi cosa personalmente preferisco, lo sci è sempre lo sci!

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

Add Comment

Click here to post a comment