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Facciamoci un giro sulla Streif di Kitzbühel

Inizia la settimana dell’Hahnenkamm, sabato 25 la discesa, dunque seguiteci e facciamoci un giro sulla Streif di Kitzbühel.

Adesso il gabbiotto della partenza è ancora chiuso, ma chiunque salga per la prima volta con l’Hahnenkammbahn, ai 1660 m della Cresta di Gallo, quando esce dalla stazione di arrivo dell’ovovia, deve comunque per forza guardare a destra. Basta puntare qualche decina di metri più in alto e andare a toccare la reliquia.

Lì c’è la partenza del mito. Lì c’è la partenza della Streif. La «striscia» che incombe su Kitzbühel come un nume tutelare, segno bianco di una religione sportiva, traccia di una identità storica culturale, tempio consacrato dello sci alpino.

Adesso non c’è nessuno, tra pochi giorni da qui si catapulteranno una settantina di uomini jet per andare a vincere la discesa dell’Hahnenkamm Race.

La discesa che nel 1931 è diventata la pietra angolare della tradizione agonistica e, per il Tirolo e l’Austria, un rito di popolo: 860 metri di dislivello e 3200 m di percorso e oltre 50 mila spettatori.

La Mausfalle è il biglietto d’ingresso alla Streif che prende alla gola. Un baratro al 75% di pendenza che diventa un volo nella leggenda. Dal gabbiotto della partenza, oltre la settantina di metri dello Startschuss, non la si vede nemmeno perché viene ingoiata dal vuoto. Un pezzo mozzafiato che dà molto allo spettacolo più che alla tecnica pura.

Questo gli atleti ormai lo sanno e il timore viene esorcizzato da partenze scalcianti in pattinata, fino alla curva a destra, spalancata sull’abisso. Lo stacco avviene in assorbimento su un dente che catapulta nel vuoto per una cinquantina di metri di volo.

Servono equilibrio perfetto bilanciamento, momento dello stacco e quelle doti di acrobazia e coraggio che sono parte integrante del bagaglio di un discesista. I campioni assecondano la velocità che si è già impadronita di loro per andare ad atterrare su un terreno ancora ripido prima di essere schiacciati nella compressione finale.

Chi sa destreggiarsi bene in aria fila via come un siluro. Per gli altri sono remate affannose nell’aria alla ricerca di un disperato recupero. La Mausfalle incute rispetto ma non è cattiva. Perché il terreno in occasione della gara è sempre perfetto, ghiacciato e battuto sci ai piedi da una squadra di addetti con la cura di un orafo che bulina un gioiello.

Subito dopo si è inghiottiti dalla Steilhang, il passaggio supremo del discesimo, il concentrato massimo di difficoltà per esaltare il meglio della tecnica e dell’intelligenza tattica.

È un muro di pendenza costante attorno al 60% sul quale viene disegnata una “Esse”: Sono però da includere nella valutazione di insieme del passaggio sia la curva tornante che la precede sia l’imbocco del Bruckenschuss (la stradina) che lo segue.

Questo muro severo non è mai cambiato negli anni, i punti di riferimento sono sempre quelli, e le porte sembrano cresciute lì, fisse come alberi, eppure ogni anno la concentrazione e lo studio accurato del percorso devono essere grandi per interpretare al meglio un terreno aspro come questo.

Il conto si salda a fine muro: via libera per i passaggi pennellati con giusto tempismo e linea adeguata. Punizioni di vario tipo per chi sbaglia, andando dal tributo cronometrico in decimi di secondo per errori meno gravi fino a naufragi nelle reti di protezione per quelli più macroscopici . Con prenotazione talvolta per un veloce volo in elicottero verso l’ospedale.

Dopo i primi 30 terribili secondi di gara la stradina concede attimi di riposo ma il pensiero corre già agli ostacoli che attendono ancora gli atleti. L’imbocco della stradina è un pertugio buio tra gli alberi largo non più di 8 metri. In TV non non ci si può rendere conto. Con gli sci ai piedi si ha perfettamente l’idea di un treno lanciato a velocità pazzesca che debba infilare la cruna dell’ago.

Se ne esce letteralmente con un curvone accentuato a sinistra che immette sulla «Geschossweise», un tratto dove riprende la pendenza che porta sulla traversa ripida (45%) e insidiosa dell’«Alte Schneise»


La zona intermedia della Streif si conclude, prima del gran finale, con il «Seidlalmsprung», (lo anticipa il salto sopra la malga di Seidl). Masubito si deve lavorare duro di lamine per tenere l’accentuata curva a sinistra che immette sul «Larchenschuss».

E poi nell’altro passaggio ineguagliabile della Streif: l’ «Hausberg», leggendaria anticamera del traguardo.

L’Hausberg, con la severa diagonale che la segue e lo scivolo dello Schuss d’arrivo fa parte di un unico blocco di difficoltà. Una parte conclusiva he scalda ancor più le gambe già abbastanza sollecitate da un minuto 40.

Il salto dell’Hausberg in sè non è drammatico ma la stanchezza gioca brutti scherzi. Per di più l’atterraggio avviene su un terreno insidioso perennemente segnato con pendenza rovesciata che tira con forza verso il fondo.

La diagonale che segue è una traversa ghiacciata ancora inviolata dai gatti che non riescono a salire e quindi perennemente in sussulto. Prenderla bassa significa stare veloci ma con la curva ancora da fare sul muro. Stare alti richiede una linea di attacco eccezionale per non frenare.

Permette però di piombare ad alti giri sullo schuss finale. Ed eccolo finalmente quello schuss d’arrivo. È preceduto da un salto che scaraventa oltre 120 km allora in una compressione capace di piegare anche i muscoli più potenti.

Ma ormai, a quel punto, credo che l’ebbrezza di andare a planare su un mare di folla che applaude, faccia passare in un secondo ordine, in ogni atleta, la paura dell’ultimo ostacolo. Kristian Ghedina lo sa bene. Là lo chiamano «Ein prachtkerl», un figo!

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).