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Freestyle, Leonardo Donaggio: “in aria disegno l’arte di mio papà”

Freestyle, Leonardo Donaggio: “in aria disegno l’arte di mio papà”.
A due anni e mezzo si è trovato sulla neve della Val Fiorentina, grazioso angolo del Cadore a una mezzoretta da Cortina, con due sciettini di plastica ai piedi. «Dicevo ancora pochissime parole, ma avrei voluto dire a tutti quanto mi piacesse!».

I nonni avevano una casetta lassù, per cui per i suoi genitori ogni week end era valido per andare a respirare un po’ d’aria buona. «Ero l’ombra di mio fratello Alessandro. Quello che faceva lui dovevo per forza farlo anch’io, così quando l’ho visto in sella a una tavola da snowboard ho messo da parte i miei sci e l’ho seguito!».

Poi Alessandro gli manda un video fighissimo di un ragazzino alle prese con manovre da urlo. Apriti cielo: «Faceva cose pazzesche, ma aveva appena 11 anni. Io ne avevo nove e ho detto: «basta snowboard, voglio provarci anch’io!» Si trattava di Aspen Spora, un vero fenomeno che a quell’età veniva invitato a esibirsi agli eventi più noti, vedi gli x-Games».

Così hai cominciato?
Eh sì, mi sono tesserato per lo sci club Valbelluna Freeski nel team di Simone Canal e Damiano Miari Fulcis (oggi allenatore della B). Siamo subito entrati in sintonia anche se non avevo mai fatto una gara di sci in vita mia, però sciavo benino dai.

Ma l’attitudine ai salti dove l’hai maturata?
Sciando in mezzo agli alberi coi miei amici e alla ricerca dei bordo pista dove si trovano spesso situazioni ideali per fare qualche saltino. Anche nel giardino di casa, appena veniva giù la prima neve, andavo avanti e indietro per ore su un piccolo dente che costruivo accumulando la neve. Insomma, questa cosa mi era entrata dentro fin da subito. Con l’attività di club il divertimento ha iniziato ad assumere un aspetto più agonistico. Impari ad andare all’indietro e ad affrontare i primi box, ringhiere, strutture varie. 

Le prime gare?
In Coppa Italia dove ottengo fin da subito buoni risultati, al punto da entrare già a 15 anni. Sai, non c’è tutta questa ressa alle gare per cui quando i tecnici intravedono un ragazzo che muore dietro a questa disciplina se ne accorgono subito. Alla fine di quella stagione mi convocano in Coppa Europa a Livigno. Il primo giorno non tanto bene, 39esimo, ma già il secondo concludo 20esimo.

Quando hai provato il big Air?
Appena entrato in squadra nel 2019 in occasione di una Coppa Europa. Non c’era ancora il big air bag per cui in estate si provava sulle reti elastiche, altrimenti direttamente sulla neve. 

Incredibile, in due anni, da zero a quinto alle Olimpiadi…
Per me è tutto incredibile. Alla prima di Coppa del Mondo mi sono trovato difronte ai miei miti di sempre, quei ragazzi che vedevo per ore su Youtube! Oggi siamo amici e ci frequentiamo anche fuori dalle gare! In quell’occasione ho avuto la vera percezione di essere entrato in un’area completamente differente. Il gioco, il divertimento si era trasformato in un’attività professionale. Non per niente oggi facciamo 320 giorni all’anno di sci.

Come hai fato a conciliare sport e scuola?
Anche da questo punto di vista mi ritengo fortunato. I professori hanno sempre capito la mia situazione permettendomi di seguire l’attività agonistica. Nell’anno della maturità avrò frequentato sì e no un mese mettendo assieme tutti i giorni. Allo Ski College Falcade è così. In un istituto tradizionale sarebbe stato impossibile.

È stata dura staccarsi dalla famiglia così giovane?
Solo un po’ all’inizio, perché ho fatto subito amicizia con gli altri ragazzi del convitto. E poi è una bella esperienza di vita, impari ad arrangiarti. Ho fatto tempo a incrociare anche Giovanni Franzoni col quale è nata una forte amicizia.

Con chi ti allenavi?
Quando non uscivo con la squadra mi veniva a prendere  il pulmino dello sci club per .andare al park al passo San Pellegrino.

Nel tuo palmares spicca una Coppa Europa Generale…
Esatto, nel 2019 vinco la generale di slopestyle anche se la prima vittoria nel circuito continentale arriverà l’anno successivo, quando avevo già provato l’emozione della Coppa del Mondo essendo entrato in prima squadra.

Poi arriva la convocazione per Pechino…
Eh sì, perché non dovevo andarci io. Quel posto spettava a Ralph Welponer, ma la sua stagione si è fermata nelle qualifiche di slopestyle a Stubai a fine novembre. Ginocchio andato: legamento crociato, collaterale mediale e menisco! I tecnici mi hanno dato fiducia regalandomi questa opportunità.

Ripagata ampiamente!
Bene il big air: quinto posto, 18esimo invece in slopestyle.

Significa che sei più bravo in big air?
I risultati dicono questo, ma sto crescendo molto in slopestyle, specialità più impegnativa perché ci sono tante cose da fare in una run. Due o tre salti e altrettanti rail, per cui aumenta il margine di errore. 

Ogni run è costruita a tavolino o c’è anche improvvisazione?
Col mio allenatore Valentino Mori lavoriamo molto con la visualizzazione. Riceviamo in PDF il course della gara e da lì studiamo come affrontare i vari rail. Prima delle qualifiche abbiamo poi due giorni di prove e lì si costruisce il disegno definitivo della performance. Conta anche la tattica che può rivelarsi determinante ai fini del passaggio in finale: rischiosa quanto basta, ma teoricamente inferiore di livello rispetto alla run conclusiva se riesci a passare. I giudici generalmente apprezzano quando un rider si esprime in figure che ancora non hanno visto. 

Qual è il margine di errore nelle due specialità?
In teoria ti presenti in gara dopo aver preparato i trick in maniera così estenuante che il margine di errore dovrebbe essere molto piccolo. È bene sapere che ogni atleta parte soltanto se ha in mano una certa sicurezza. Ci vuole pelo, ma nessuno è folle, quindi tu sai che non sbaglierai e ti esibisci in un esercizio che sai fare. Poi devi fare i conti col meteo e le condizioni della neve che nel corso di una giornata possono cambiare. 

A Chur ha eseguito trick nuovi?
Li avevo preparati tutta l’estate sul big air bag e sulla neve solo la settimana prima a Saas Fee. A Stubai, nei due giorni di prova, il tempo si è messo di traverso per cui nei primi due tentativi ci stava un’esecuzione poco precisa. Si trattava di un Double Cork 1800, 180 gradi di rotazione in più rispetto a quanto facevo prima e uno switch double misty 1620. Quando sai che un salto lo ha eseguito poche volte, mentalmente sai già che potresti commettere un errore. 

Nella tua testa prevale il risultato o l’esecuzione?
Cerco soltanto di sciare al mio meglio, arrivare in fondo pulito. Se scio bene so che prima o poi il risultato arriva. Insomma, non mi costruisco mai troppe aspettative. 

La giuria cosa considera?
I criteri di valutazione sono cinque: varietà, esecuzione, ampiezza, difficoltà e progressione. Non dev’essere facile fare il giudice perché la valutazione è sempre soggettiva ma deve corrispondere a criteri oggettivi. L’importante in una gara è la parità del metro di giudizio. 

Quanto valore artistico c’è in un’esecuzione del genere?
Quando il corpo esprime una figura, soprattutto in aria, c’è sempre insito una sorta di elemento artistico. Sono fortunato anche in questo dal momento che mio papà Emiliano nella vita fa proprio l’artista!

Pittore?
Soprattutto dipinge ma non solo, gira attorno anche al settore del design. Giro il mondo: una volta ha esposto in una galleria di New York, a Manhattan per tre mesi. Poi a Londra e in tante città italiane. 

Hai ereditato la stessa vena?
I bambini sono spesso attratti dal lavoro dei papà. Il pennello in mano ho provato a prenderlo, ma anche oggi vengono fuori disegni tra l’infantile e il semplice. Però qualcosa dentro dev’essermi entrato perché quando sono in aria immagino di disegnare la mia opera d’arte. Dura pochi secondi, ma in quegli attimi cerco di disegnare l’astratto più bello che possa fare.

Ora la tua asticella a che altezza si trova?
Sto provando nuovi tricks. L’idea è di portare qualcosa che ancora mai nessuno ha eseguito, però ci vuole ancora un po’ di tempo prima di portarli sulla neve. Non so se in occasione del secondo Big Air di Copper a dicembre saranno già pronti. 

Curiosità, tuo fratello invece lo snowboard lo ha mollato?
Sì, ma solo per salire in sella a una BMX. Ora vive a Barcellona, non fa gare ma produce video professionali esibendosi nelle città. L’acrobazia è un vizio di famiglia!

Chissà i battiti cardiaci di mamma Barbara…
Non vorrei mai essere nei suoi panni!

Hai già il pensiero a Milano≠Cortina 2026?
Tendenzialmente me la vivo giorno dopo giorno, ma non posso negare che l’obiettivo sia già presente nei miei pensieri. Cosa ne dici se ne riparliamo tra qualche tricks? Freestyle Leonardo Donaggio: “in Freestyle Leonardo Donaggio: “in Freestyle Leonardo Donaggio: “in Freestyle Leonardo Donaggio: “in

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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