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A Champlas du Col c’è una storia Bellissima. Anzi, Don Bellissima!

Bellissima con la maiuscola non è un errore, perché è il cognome di un personaggio di Champlas du Col, vicina a Sestriere, dove c’è una storia che merita di essere raccontata.

Il nome più corretto è Don Bellissima, parroco della frazione del Colle (dista 4 km, verso Cesana), che pochi giorni fa ha compiuto 90 anni. Perché ne parliamo? Ebbene, Don Bellissima, oltre che parroco è anche maestro di sci! Anzi, è stato il primo sacerdote a prendere questo titolo.

La storia di questa doppia vita senza doppiezze è così bella nella sua semplicità che val la pena di farsela raccontare.

Sono nato a Oulx 90 anni fa. Mio padre che morì in un incidente, quando mia sorella ed io eravamo ancora piccoli, era brigadiere della finanza. E lavorava alla frontiera. La mamma era impiegata a Modane. Se i bambini di città sognano la bicicletta, Noi sognavamo il primo paio di sci.

Ma erano sogni proibiti, per le solite ragioni: la penuria di soldi e la paura di incidenti. Anzi lo sci, incredibilmente, veniva considerato quasi una cosa peccaminosa, da aiutare i bambini. Altri tempi: lo stesso maestro che 10,15 anni fa metteva in guardia i suoi allievi contro le tentazioni I pericoli dello sci, adesso manda i suoi figli a sciare ancora piccolissimi.

Allora invece anche tra i valligiani erano pochi quelli che sciamano. Io avrei voluto imparare, ma gli sci non arrivavano mai, così il desiderio insoddisfatto cresceva dentro e me lo portai dietro anche quando entrai in seminario, a Susa. Ben sapendo che non avrei avuto alcuna possibilità di realizzarlo.

Invece nel pieno della guerra era il 1942, per difficoltà di approvvigionamenti, i seminaristi vennero rimandati a casa propria nei mesi invernali. Così a 12 anni potei finalmente calzare il primo paio di sci.

Due mesi soltanto, ma sufficienti per imparare qualcosa e per rinvigorire questa mia passione sportiva. Per altri otto anni, però, di mettere gli sci piedi non si parlò più. Diventato adulto, ordinato sacerdote, potevo consentirmi un giorno o due di discese sulla neve, nel corso delle vacanze invernali. Sennonché un anno andai a sbattere contro un tronco e riportai la commozione cerebrale.

Ci vollero dei mesi per riprendermi completamente. E allora mi dissi che anche lo sci andava fatto sul serio, che non era logico che per due giorni di sciate, così, da matto, mi rompessi la testa. E feci quasi una scommessa, con me stesso: di imparare a sciare come si deve.

Soltanto che mi mancava sempre occasione per vincerla. Allora andai dal vescovo e gli manifestai la mia passione per la montagna, pregandolo di inviarmi in una parrocchia dell’alta Valle.

L’occasione arrivò nel 1960 quando Sestriere divenne parrocchia. Prima di allora infatti il colle dipendeva religiosamente da Champlas. Soltanto che, subito dopo la guerra, il parroco aveva cominciato a stabilirsi a Sestriere, dove c’era più lavoro.

Aumentato poi il flusso di turisti, il vescovo prese la decisione di trasformare Sestriere, parrocchia di fatto, in parrocchia anche nominale. Cosicché si fece libero il posto di Chmaplas, che mi fu assegnato.

Ormai non ero più tanto giovane, avevo trent’anni. Ma la passione per lo sci era ancora frescha e vitale. E allora ripresi a sciare con frequenza. Tra l’altro dovevo seguire i ragazzi, che passarono sugli sci gran parte delle loro giornate invernali. Finalmente le idee erano cambiate e si cominciava a capire che lo sci non solo era un divertimento sano, ma poteva anche diventare un buon mestiere. D’altra parte se sciava il parroco…

È proprio per questo che rimpiango di non essere arrivato prima da queste parti. Avrei potuto dare impulso subito a questa attività, trasformando molti sottoccupati in maestri di sci.

Tanti ragazzini crescevano e dovevano andare al corso per diventare istruttori. “Dai, accompagnaci tu, che hai l’auto, potrai anche migliorare la tua tecnica. Mi tentarono, e così anch’io feci il primo corso, da uditore, senza cioè dare gli esami.

Del resto non ero in grado ma ormai ero entrato nell’ambiente e in un certo ordine di idee. Vedevo che gli altri si perfezionavano e naturalmente sentivo lo stimolo a tentare di fare anch’io le stesse cose.

Inoltre cominciavo a considerare i vantaggi che la qualifica di maestro mi avrebbe dato. Avrei potuto far lezione ai bambini dell’elementare. Avrei risparmiato i soldi degli impianti. Insomma, il dado era tratto.

Sennonché incoccio in un altro ostacolo, sotto forma di incidente. Nel 65 mi rompo una gamba, ovviamente sciando. La tengo a lungo ingessata e devo rimandare il mio progetto all’anno successivo.

Nel 1966, do gli esami a Canazei. E vengo bocciato, sia pure per qualche frazione di voto. A quel punto però non si torna più indietro. È anche una questione di puntiglio. Così l’anno successivo mi presento preparatissimo al corso di Chiesa Valmalenco e poi all’esame di Cervinia. Siamo promossi 25 su 170, divento maestro di terzo grado. Il primo passo.

L’anno dopo vorrei dare l’esame di primo grado ma d’estate vengo operato di tonsille e mi trascino dietro a lungo una febbriciattola che mi debilita.

“Un grande parroco, un grande uomo – ha commentato il Sindaco di Sestriere Gianni Poncet – sempre vicino alla collettività di Champlas ed anche a quella del Colle, Come parroco e come maestro di sci!

Tento lo stesso poiché il corso è a due passi da casa a Bardonecchia. Esame lo do a Sestriere su una pista che conosco Zola per zolla. Ma vengo ugualmente bocciato. Per una questione fisica non tecnica: ero troppo debole.

L’anno successivo l’esame non si può dare ed è così che divento maestro di prima categoria soltanto nel 1969, quasi quarantenne. Meglio tardi che mai – conclude Don Bellissima ridendo!

Lo lasciamo con un’ultima domanda: Sciare e dire messa è un contrasto?

Contrasti ne ho avuti certo, ideologici e temporali. I miei superiori non vedevano di buon occhio questa mia attività. E me l’hanno più volte sconsigliata. Mai però proibita. Per questo ho continuato. E altri hanno seguirono la mia strada,, come il parroco  di Trafoi, il paese di Thoeni. C’è poi problema del tempo: per imparare ci vuole molto tempo libero. Altre difficoltà, non ne vedo. Il prete può essere a suo agio anche facendo il maestro di sci.

A me ad esempio non è mai capitato sentirmi in imbarazzo. Piuttosto c’è un lato estremamente nella convivenza tra sacerdote maestro. La facilità del rapporto umano è la cosa più bella. Alla gente bisogna viverci assieme non attorno. Prima devi fare le cose che fanno gli altri, soffrire con loro, affrontare loro stesse difficoltà. Poi puoi parlare da pari a pari, e ti ascoltano di più. E parli anche meglio, le parole ti suonano più concrete. Se noi rimaniamo isolati, non serviamo a nulla.

da Sciare 15 febbraio 1974
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About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).