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Alberto Tomba show al “Cinemino” di Milano con Napapijri che gli dedica un docufilm

Quando passa Alberto Tomba, il tempo si ferma. Anzi, torna indietro. Scivola veloce lungo le curve della memoria, come faceva lui tra le porte dello slalom e del gigante, e si ferma a 27 anni fa: all’epoca in cui la Bomba emiliana  decise di appendere gli sci al chiodo, a soli 31 anni (vittoria a Crans Montana), lasciando un vuoto che nessuno ha mai colmato.

Alberto Tombva assieme all’attore Claudio Santamaria

Ieri sera, al Cinemino di Milano, il tempo ha fatto proprio questo: si è piegato al cospetto del mito. Lo ha fatto in occasione di un evento firmato Napapijri, incastonato nel programma del Milano Film Festival, dove il direttore artistico Claudio Santamaria – attore tra i più amati del nostro cinema – ha presentato “Alberto Tomba 1”14”, un docufilm che restituisce il ritratto intimo di una leggenda dello sport azzurro.

Quel titolo, apparentemente misterioso, in realtà parla solo a chi c’era, a chi sa. Un secondo e quattordici centesimi: il vantaggio con cui Tomba concluse la prima manche del gigante olimpico a Calgary 1988. Un margine abissale, quasi irripetibile, che al termine della gara diventò +1”04 sul secondo classificato. Una dimostrazione di forza, tecnica e audacia che resterà per sempre scolpita nella storia dello sci. Perché Tomba era così: dominante, esplosivo, in grado di schiacciare la concorrenza con un solo acuto.

Dopo il benvenuto affidato a Martina Riva, Assessore allo Sport, al Turismo e alle Politiche Giovanili del Comune di Milano, la sala si è immersa nel buio. Le luci si sono spente, le immagini si sono accese. Ma non erano le solite clip d’archivio con le sue discese. No, stavolta c’era lui, Alberto, che apriva le porte di casa. Mostrava trofei, pettorali ordinati come reliquie, angoli dedicati ai Mondiali e alle Olimpiadi. Raccontava se stesso, senza filtri, senza maschere.

Niente neve. Solo parole. Solo memoria viva.

Ci ha pensato il noto giovane creator Tommaso Cassissa (foto qui sotto) nell’insolito ruolo di intervistatore, a portare la platea al centro di quegli anni meravigliosi. E lì, nel cuore del racconto, si rivela la verità più dura di tutte: quella di un campione costretto a vincere. “Ero condannato a farlo. Se non vincevo io, non vinceva un altro: perdevo io. Sempre io.” Un peso enorme, portato sulle spalle da un ragazzo che da piccolo, a scuola, sembrava fuori posto. “Mi dicevano: ma perché sei fissato con lo sci? Dove credi di andare?   Che cosa pensi di ottenere?”.

E lui, testardo, ha continuato a inseguire quella passione che lo faceva impazzire. Ha tenuto duro. E ha spaccato il mondo.

Spazio anche a Loris, uomo simbolo del Tomba Fan Club e a Tombaland, lo scantinato di una villetta a schiera trasformato in un specie di museo “privatissimo” stracolmo di ogni bendidio!  Un luogo di culto sportivo di un campione che non potrà mai essere replicato. Nel documentario si vede anche Castel de Britti, il paese di Alberto, e la casa dove suo padre Franco piantava un albero per ogni vittoria del figlio. Un rituale antico, quasi mitologico. Ci sono anche tre galli nel cortile: uno si chiama Porto. Perché anche nella leggenda, Tomba non ha mai perso la sua giovialità contagiosa.

Quando il documentario ha iniziato a scorrere sullo schermo, l’audio è rimasto muto. Nessuno ha parlato. Nessuno ha protestato. Poi, con il sorriso che ha sempre stregato mezza Italia, Alberto ha detto: “

Per forza, c’è un silenzio di Tomba!”. E la sala è esplosa in una risata liberatoria.

È una bellissima esperienza questa con Napapijri – ha spiegato dopo – perché mi racconta anche lontano dalla neve. È coinvolgente, e mi permette di tirare fuori aspetti di me che finora erano rimasti nascosti”. Una scelta non casuale, quella del marchio: non tecnico come altri nel mondo dello sci, ma affine per spirito. “Tomba rappresenta perfettamente il nostro approccio – ha detto Nicola Scamardi, responsabile marketing (nell’immagine qui sotto) – perché lui incarna la libertà, l’energia, l’avventura”.

Napapijri nasce nel 1987, quando la valdostana Giuliana Rosset rileva Green Sport Monte Bianco, produttrice di zaini da viaggio. Poi l’intuizione: lanciarsi nell’abbigliamento ispirato al Circolo Polare. “Napapiiri”, in finlandese. Primo negozio a Chamonix nel 1997. Oggi sono 150 monomarca in tutto il mondo. Nel 2004, la multinazionale americana VF Corporation acquista l’azienda per oltre 100 milioni di euro. Un marchio italiano che parla al mondo. Proprio come Tomba.

La serata si è chiusa con un brindisi. E con un Alberto Tomba pronto a ridere, scherzare, parlare con tutti. Ha raccontato della sua cantina di vini – “Ne capisco, ma bevo poco. Più che altro degusto” – e del suo eterno balletto tra chili presi e chili persi. “In inverno li prendo, in estate li butto giù. Devo perdere otto, nove chili. E poi ci vediamo a ottobre, per il prossimo film!”

Già. Perché certe storie non hanno una fine. E le leggende non se ne vanno davvero mai.

GUARDA IL DOCUFILM Alberto Tomba 1″14:

 

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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