Carola Ghisalberti, 25 anni, originaria di Zogno, Val Brembana, è allenatrice della categoria pulcini dello sci club GB di Aprica. Ha fatto agonismo fino alla categoria Giovani, poi la rottura della tibia e ciao, ciao alle gare. Ha però deciso di rimanere nel mondo della neve. D’altra parte lo sci è una malattia di famiglia. Che ha contagiato anche sua sorella Ilaria, impegnata, il prossimo inverno nel gruppo Coppa Europa.
Laureata col massimo dei voti in Cattolica, in scienza motorie, Carola è diventata maestra cinque anni fa. Ed è entrata subito nella GB Ski School prima di seguire la pre agonistica. Entrare nello sci club GB è stato un passaggio naturale, in affiancando nei baby e cuccioli a Michele Brivio, poi passato ai Children. Oggi continua a seguire i ragazzi dai 9 ai 12 anni assieme ad Andre Uguzzoni, la sua dolce metà lavorativa “E devo dire che assieme ci completiamo davvero molto bene“.
Da inizio quarantena Carola è rimasta sempre in contatto con i ragazzi e le famiglie attraverso delle challenge proprio per tenerli attivi.
Raccontiamo questa storia non per l’esclusività del lavoro fatto. Tanti club, chi più, chi meno, si sono adoperati in questo senso. Con Carola, tuttavia, sono emerse alcuni aspetti davvero interessanti.
Quindi, Carola, allenamenti a distanza?
Esattamente. In un primo momenti chiedevo ai miei 28 super atleti di mandarmi video di quello che riuscivano a fare. Questa prima soluzione però non mi piaceva molto. Era utile, ma mi sembrava tutto molto impersonale. Al di là degli esercizi volevo parlare con loro. Sapere come stavano, cosa facevano. E come sempre è accaduto, che mi raccontassero qualcosa delle loro giornate. Della loro quotidianità, quelle piccole cose che fortificano il rapporto.
E cos’hai fatto?
Ho organizzato video chat con il sistema zoom programmando gli allenamenti. Con i più piccoli, siamo partiti con esercizi basati sul gioco. Poi con un lavoro più specifico siamo andati a sviluppare gli schemi motori di base. Corsa, cammino, salti, attraverso diversi esercizi. Sembra una banalità ma non si pensi che anche questi movimenti basilari siano eseguiti da tutti correttamente.
Ha funzionato?
Sia come risultati, ma soprattutto per il divertimento. Li ho visti partecipi e gioiosi come non mai. Anche perché non si deve immaginare la classica lezione. Li facciamo intervenire spesso, parliamo con loro perché ci trasferiscano le loro immediate sensazioni. Addirittura capita anche di fare un compito di scuola tra un esercizio e l’altro.
Quante sessioni a settimana?
Due e divise in due turni in base all’età. Avrei voluto farne anche di più, ma non è nemmeno così facile far conciliare queste occasioni con la scuola a distanza. Sono sballati i tempi e le abitudini. Per cui, terminati i compiti, attendono questo appuntamento come una grande gioia. Un a bimba si presentava a entrambi i turni. Non voleva perdersi mai un istante!
Qualcuno riusciva a seguirti in spazi aperti?
I nostri ragazzi sono per lo più dell’area Milano, Monza, Como… per cui molti di loro hanno la seconda casa in Aprica. Qualche famiglia ha scelto di non tornare in città ma di fermarsi qui. Quindi, hanno potuto sfruttare spazi diversi dalla classica e coloratissima cameretta di appartamento.
E con i più grandi?
Siamo partiti un po’ dopo, ma visto il successo riscontrato con i pulcini, ho adottato lo stesso sistema anche con i children. E dalla seconda settimana di quarantena ho organizzato tre appuntamenti settimanali. Inizialmente lavorando sul miglioramento della resistenza con programmi di interval training. Ora siamo passati allo sviluppo della forza con programmi utili a sviluppare l’ipertrofia.
Tutti sempre presenti e motivati?
Stiamo parlando della fascia di età più mutevole caratterialmente dell’essere umano! Qualcuno sì, ha avuto momenti di demoralizzazione, anche se ha cercato di nasconderli. Ma ho imparato a sgamare tali situazioni e questo mi ha permesso di trovare il modo per ricaricarli. Poi c’è chi ama far fatica e chi patisce un po’ di più. Ma questo con il covid-19 non ha nulla a che fare.
Per la fatica vi siete inventati l’utilizzo di qualche struttura?
Proprio così! Abbiamo sfruttato carichi naturali. Non è che i ragazzi abbiano tantissimo a casa… Casse d’acqua, libri… Quando si potrà ricominciare passeremo all’atletica. Insomma, cerchiano di tenerci pronti per quando si potrà salire sui ghiacciai. Se non si potrà, amen!
Te lo chiedono?
Quasi ogni giorno! Soprattutto i più piccoli, perché per loro non è così semplice capire totalmente queste situazioni.
E cosa gli racconti?
Che dobbiamo aspettare e che nel frattempo avremmo trovato alternative. Quando gli ho detto che li avremmo portati ad arrampicare sono letteralmente impazziti di gioia. Da qui la consapevolezza che non auspicano di andare sui ghiacciai perché sentono il bisogno di sciare. Il loro desiderio è quello di giocare, divertirsi, mettersi alla prova in qualcosa di dinamico. E condividere il tutto con i loro compagni. Per loro lo sci è a dicembre.
E i famigliari come prendono questa situazione?
Guarda, appena possono si infilano anche loro degli allenamenti! Specie sorelle o fratellini. A fine allenamento si presentano davanti al video per salutarmi col fiatone! Ma vedi, questi momenti non sono soltanto un’occasione per allenarsi. È una vera e propria evasione dalle costrizioni che dobbiamo osservare. Per i più giovani non potersi confrontare con i rispettivi coetanei non è un problema secondario.
È un caso che ci siano sempre più allenatrici a seguire i piccoli?
Siamo sempre di più. La nostra figura è molto ricercata specie per super baby e pulcini. I più piccoli hanno sempre bisogno di avere vicino una figura femminile. Siamo più pignole, precise e puntigliose. Sappiamo a distinguere di più un capriccio da un problema vero. Sicuramente le famiglie sono più tranquille, specie nelle trasferte, se c’è anche una ragazza. Sai, alla fin fine quello che importa di più è il benessere dei bambini prima di qualsiasi risultato.
Non ti piacerebbe allenare quelli più grandi, la categoria Giovani, ad esempio?
Ho quasi la loro età. Non esiste! Devo acquisire esperienza. Ci sono allenatrici che li seguono, però arrivano dalla Coppa del mondo. Comunque più si sale, più si entra nel monopolio maschile! Credo tuttavia che col tempo cambieranno un po’ le cose. indubbiamente ci vuole una certa forza fisica. Quando facevo gare, una volta il mio allenatore mi aveva chiesto la cortesia di portargli su lo zaino. Ho il ricordo indelebile di un fardello di duemila chili sulle spalle! Oggi questa attrezzatura è migliorata di molto. Il peso è dimezzato. Ce la possiamo fare! Alla base di tutto, uomo o donna che sia, ci vuole comunque sempre molta esperienza. Io coi Giovani mi vedo tra dieci anni. No, quindici. Dai, facciamo dieci!
Qual è la tua mission principale?
Quella di trasmettere la mia passione ai piccolini. E quell’entusiasmo che ti permette di proseguire questo cammino sportivo. Per chi segue i Giovani l’obiettivo è quello di portare i ragazzi in squadra. Per me è quello di portarli nei children. È cosa risaputa che più si va avanti, meno atleti rimangono nello sci. L’allenatore che riesce a costruire delle basi solide fin dall’inizio può essere felice del lavoro svolto. E la mia soddisfazione è proprio questa, vedere questa passione che cresce in loro di giorno in giorno. Se poi c’è anche il podio, tanto meglio.
Tu ai piccolini parli già di futuro?
Non quello che intendi tu. Qualcuno ambisce a diventare un atleta di Coppa del Mondo. Altri il maestro di sci. Altri ancora un allenatore come me, perché così potrebbe giocare sempre. Un mattino una mia allieva mi ha visto con un paio di guanti nuovi, poiché per la tanta usura avevo rotto quelli che indossavo di solito. L’espressione della sua meraviglia la dice tutta. “Ah, ma tu usi i guanti anche quando vai al lavoro vero?”.
La loro stagione agonistica è intensa?
Credo sia equilibrata, rispetto a quelle che dovranno affrontare in seguito, dai children in poi. Cinque o sei gare provinciali di base Fisi di gigante e di slalom. I migliori tre punteggi maturati creano le graduatorie di merito per accedere ai Campionati regionali. Da qui i migliori partecipano al Criterium in base ai contingenti che variano da regione a regione. Ci sono poi le selezioni del Pinocchio e quelle del Granpremio Giovanissimi con l’eventualità delle rispettive finali. Quest’anno poi noi abbiamo deciso di portare i bimbi a fare anche due gare di skicross. Crediamo sia importante per loro avere un base di abilità più ampia. Verrà fuori più avanti nel loro percorso agonistico. Una di queste era il campionato regionale che abbiamo vinto!
Quanto impegno invece l’allenamento sulla neve?
I nostri piccoli non vivono qui, quindi non abbiamo allenamenti pomeridiani. C’è un programma intenso nel periodo di Natale che prevede due sessioni di quattro giorni sulla neve e due di riposo. Durante la stagione poi l’allenamento inizia al venerdì. Capita di spostare tutto di un giorno e sciare anche al lunedì.
Tanti pali?
Noi seguiamo il Salt, quello sviluppo a lungo termine indicato dall’STF (Scuola tecnici federali) della Fisi. Cerchiamo di sfruttare lo sci estivo proprio perché, venendo tutti dalle città, in stagione non hanno molte opportunità di allenarsi. Nella normalità, tra giungo e settembre mettiamo a disposizione cinque uscite. Chi riesce a fare più giorni ne totalizza dodici al massimo. I primi due incontri sono dedicati essenzialmente ai 4 movimenti fondamentali, rapportati ovviamente ai baby e cuccioli. I pali non li portiamo nemmeno su. Troviamo sistemi ludici per portarli a comprendere aspetti tecnici che proprio semplici non sono. Negli ultimi incontri iniziamo con i pali ma per puro addestramento. I cuccioli iniziano a entrare neo tracciati a fine ottobre. I Baby a dicembre, ma in modo molto blando.
Esistono i gruppetti dei migliori e dei meno bravi?
L’intensità e l’attenzione è uguale per tutti. Perché l’obiettivo è quello tirare fuori il meglio da ognuno. Che non è sempre uguale, anzi, diciamo che è sempre differente. Cambiano gli obiettivi. Ci saranno sempre quelli che vanno più degli altri ma noi portiamo avanti tutti con la medesima considerazione, aiutandoli ad affrontare gli ostacoli che incontrano. Quindi non è il risultato che determina il metodo di allenamento, il bravo e il meno bravo.
Vuoi dire che di ritorno dalle gare non esiste la delusione?
Eccome se c’è! Imparare a perdere è importantissimo. Sarebbe disumano e negativo se un ragazzino non provasse una certa negatività di fronte a un insuccesso. E questo è uno degli aspetti dove l’allenatore può fare la differenza. Gli spieghiamo che il risultato ottenuto oggi lo mette difronte solo a una cosa: capire dove e cos’ha sbagliato. Poi, sono piccolini e non lo sanno individuare, però iniziano a sviluppare questa percezione. E dunque a trovare le motivazioni per lavorare di più o meglio. Insomma, devono diventare consapevoli del percorso che stanno seguendo. E comprendere che per arrivare a raggiungere la meta prefissata bisogna anche passare dagli insuccessi. Questo senso di responsabilità li aiuta a superare qualsiasi delusione.
E i genitori si intromettono?
Ogni genitore vuole il meglio per il suo bambino, dunque ci sta. Non parlerei di intromissione, ma di partecipazione. Noi però li precediamo. Inviamo in maniera molto dettagliata il programma di allenamento sia sulla neve che nella preparazione. Una newsletter per ogni momento importante dell’anno. Quindi tutti sanno come ci muoviamo e quali sono gli obiettivi. Poi organizziamo periodicamente riunioni dove entriamo più a contatto con loro e si smussa ogni angolo. Più che altro si preoccupano del comportamento dei figli. Se rispettano le regole o combinano qualche guaio.
Riuscite a fare squadra?
Il senso di appartenenza alla maglia è fortissimo. I bambini sono orgogliosi di vestire la maglia del GB. Sono sempre molto uniti. Si isolano soltanto quando devono uscire dal cancelletto. Ma già a fine gare tornano a fare squadra. Non voglio però essere fraintesa e creare forzatamente una visione idilliaca. Nasce talvolta qualche scaramuccia tra di loro, però hanno imparato a risolversela da soli, senza lasciare segni di antipatia o rammarico.
D’altra parte già da Cuccioli esiste l’antagonismo, specie tra le ragazze. In allenamento chi è più forte diventa uno stimolo per chi insegue. E anche questo è un gioco di squadra. Dopo di che sanno benissimo che lo sci è uno sport individuale e che se uno sale sul podio non è la squadra che ha vinto, tranne per le classifiche riservate agli sci club. A quel punto sì, il successo diventa un goal!
E quando il ruolo di allenatore si spoglia della sua tecnicità?
Con le ragazze la confidenza è ovviamente maggiore. Quindi condividono il disagio del dentino che si è staccato. La sgridata del professore, che è quasi sempre ingiusta (!). Non parliamo degli “amorini”. E poi tanti consigli, insomma c’è quell’empatia che, a quanto mi raccontano, anni fa non era prevista. A me piace aiutare i ragazzi, pur mantenendo una certa distanza. Sanno riconoscere qual è il mio ruolo e quello di Andrea Uguzzoni che divide con me la categoria. Soprattutto quando stiamo via due o tre giorni in trasferta. Non sono un’amica perché non puoi metterti sullo stesso piano. E nemmeno una sorella maggiore. Ma allenatore, addestratore, educatore, una figura di riferimento che deve imparare anche un po’ a essere psicologo.
Con Ilaria invece, hai tempo di “fare” la sorella?
Ilaria sta prendendo il volo e ci vediamo davvero poco, perché io vivo qui in Aprica, lei abita a Zogno. Però ci sentiamo spesso. E poi è sempre molto curiosa, vuole sapere tutto. Mi ha chiesto addirittura quali programmi di allenamento sto usando con i miei ragazzini. E quando le ho spiegato che gli faccio fare 40 secondi di squat Jump mi ha dato della pazza.
È così?
Se in famiglia c’è una pazzerella, beh quella è sicuramente Ile!