Professione Montagna

Serve un «progetto montagna» per la sopravvivenza delle «montagne ordinarie»

Erano ormai 30 anni che in Appennino non passavamo un inverno come questo, niente neve, poco  freddo e poi l’arrivo del Covid–19 con tutte le devastanti conseguenze del caso.

E questo inverno sembra che si sia anche divertito a prenderci in giro.

Dopo mesi passati a guardare il cielo in attesa delle nevicate, a premere continuamente i tasti del PC o del telefono per vedere le previsioni del tempo per sfruttare ogni minima occasione di freddo e anche la caduta di pochi cm. di neve, dopo mesi in cui la nostra pazienza e la nostra determinazione erano stati messi a dura prova ecco che arriva la neve, arrivano i turisti ma per non farci mancare niente esplode anche il fattore Covid-19.

La Protezione Civile prima e il governo dopo decidono di chiudere gli impianti di tutti i comprensori sciistici italiani e per mettere la ciliegina sulla torta il meteo decide di accompagnarci nella nostra quarantena con giornate fredde, assolate ed una neve splendida che si mantiene nel tempo, almeno fino alle vacanze di Pasqua dandoci la sensazione che nonostante i mesi difficili trascorsi senza neve avremmo potuto concludere la stagione in maniera non drammatica da un punto di vista economico vista soprattutto l’affluenza del famoso week end 7/8 marzo.

Alla fine i dati sono disarmanti!

Si va da un meno 50% ad un meno 80% rispetto ad una stagione media; ci sono stazioni che non hanno mai aperto, stazioni che hanno aperto solo pochi giorni, stazioni in cui parte dei propri impianti hanno aperto solamente 3/4 giorni.

Alle difficoltà che abbiamo incontrato nel corso dell’inverno si sono sommate le difficoltà del «tutto chiuso», che hanno reso difficile la gestione della situazione economico-finanziaria delle nostre società.

Lo stop di inizio marzo: il danno e la beffa…

Naturalmente vi è la consapevolezza che il «tutto chiuso» ha messo in difficoltà l’intero tessuto economico italiano ed in modo particolare il settore del turismo e che la situazione sanitaria necessitava di un intervento cosi forte ma lasciateci almeno recriminare sul fatto che la natura in questo caso ha voluto veramente aggiungere un periodo beffardo meteorologicamente ad un periodo drammaticamente difficile per le nostre aziende.

Ma già dai primi sentori di una possibile ripartenza ci siamo messi in moto, abbiamo chiesto ai nostri tecnici di elaborare proposte concrete da presentare al mondo politico per dare un segnale forte, per far capire quanta voglia ha di reagire la montagna, quanta voglia di lavorare e non di vivere di sussidi hanno gli imprenditori e gli uomini della montagna.

E allora diciamo con forza che in questo momento è necessario che ci sia un serio progetto montagna che parta dalla catena appenninica, che è vicina alle grandi metropoli per passare alle Prealpi il cui ruolo di rifugio per molti «cittadini» diventerà sempre più importante, per arrivare alle stazioni più blasonate delle regioni a statuto ordinario perché è in questi territori che vi è più bisogno dello stato, degli investimenti in infrastrutture, del sostegno all’economia montana, del sostegno al lavoro di interventi contro lo spopolamento delle montagne «ordinarie».

Interventi già effettuati nelle Regioni e nelle Province a Statuto Speciale che intelligentemente hanno scelto di sviluppare la montagna come destinazione turistica ed hanno fatto del turismo la loro maggiore risorsa economica.

Hanno avuto la fortuna di poter avere Entrate di Bilancio importanti a disposizione ma sono stati anche lungimiranti nello scegliere di investire sulla montagna, nella montagna e nel turismo più in generale.

Una maggiore autonomia con una minore burocrazia

Ora è il momento che lo Stato si accorga che esiste anche una Montagna che è altrettanto bella, altrettanto accogliente, con peculiarità diverse, con panorami diversi, con realtà diverse da quelle più tipicamente alpine ma che sono altrettanto affascinanti e che sono vicine a milioni di persone, quelle persone che nel periodo della quarantena hanno, spesso, vissuto in piccoli appartamenti, spesso in condominio, spesso senza un metro di verde dove poter trascorrere anche solo qualche minuto ed hanno quindi capito l’importanza del senso di libertà che contraddistingue la montagna.

Una montagna dove far riassaporare la presenza dello Stato, che spesso, troppo spesso è sostituito dalla volontà dei nostri sindaci, dei nostri amministratori, che però spesso non possono mettere in campo le proprie idee i propri programmi per mancanza di fondi.

È una montagna popolata da tanti imprenditori, per la maggior parte piccoli imprenditori, partite Iva che devono combattere con una burocrazia e delle norme spesso pensate da chi non conosce i territori e le realtà, figlie di un protezionismo ambientale che oggi è superato dalla consapevolezza della necessità di uno sviluppo che deve essere eco compatibile ma che ci deve essere.

Una montagna che troppo spesso è imbrigliata in una ragnatela voluta da chi la montagna non la conosce.

Speriamo che il Covid-19 in conseguenza del quale molti dicono che bisognerà cambiare abitudini ci porti come primo cambiamento una maggiore autonomia accompagnata dalla minore burocrazia per la montagna insieme al giusto sostegno che lo stato deve offrire a coloro che investono e che vivono nella montagna, ed anche in quella «ordinaria» .