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Il sistema di chiusura Boa: com’è nato e fin dove potrà arrivare

Il sistema di chiusura Boa: com’è nato e fin dove potrà arrivare
A volte le idee più semplici sono le più geniali e guardando il nuovo sistema di chiusura per gli scarponi creato da Boa la domanda spontanea è stata: «Come mai nessuno ci aveva pensato prima?». La risposta è altrettanto scontata.

Riuscire a portare un sistema di fissaggio efficace che riuscisse a sopportare la tensione creata dalle plastiche rigide degli scafi e le condizioni atmosferiche rigide non è come dirlo.

Lo sviluppo del Boa Alpine System è iniziato nel 2015 partendo dai sistemi esistenti. Boa è nata nel 2001 sulle Montagne Rocciose creando il primo sistema di chiusura per scarponi da snowboard. I vantaggi furono evidenti: niente lacci fastidiosi e soprattutto micro-aggiustamenti che rendevano più efficace e confortevole il fit.

Negli anni seguenti l’azienda ha ampliato il proprio campo aggiungendo le passeggiate, il golf, la bicicletta, la caccia e la pesca, settori che hanno permesso di raggiungere il primo milione di dollari di fatturato nel 2007. Il sistema si è mostrato efficace al punto che l’utilizzo si è diffuso in ambito lavorativo e medico. Ora, dopo 23 anni e i 30 milioni di dollari di fatturato nel mirino è arrivato l’approdo nel settore a noi più caro: quello dello sci alpino.

Le fasi dello sviluppo

Dopo aver mutuato i componenti esistenti negli altri sport ed effettuati i primi test di flessibilità e resistenza, è parso evidente di come poter chiudere degli scarponi da sci piegando le plastiche rigide avrebbe reso necessario la creazione e lo sviluppo di componenti completamente differenti.

La parte più complessa è stata quella legata alla rotella che è arrivata, nella sua forma primordiale, solo nel 2018. I tre anni seguenti sono stati necessari per i test in laboratorio e sul campo di tutti i componenti. Poi, nel 2021 c’è stato il matrimonio con le prime aziende partner. Non si tratta solo di una promessa di amore ma un vero e proprio investimento reciproco nello sviluppo.
Atomic, Fischer, K2 e Salomon hanno deciso di provare i lacci al posto delle leve.

Per farlo hanno seguito strade differenti: adattato modelli esistenti o creato uno stampo ad hoc. In un modello esistente il lavoro che viene fatto è di limatura e creazione degli spazi per l’inserimento dei componenti. Diverso è quando si può agire su uno stampo nuovo che viene elaborato in concerto con il sistema di chiusura.
Il risultato finale però è lo stesso perché Boa crea un prodotto che può essere utilizzato su qualsiasi scarpone, con piccole variazioni legate al posizionamento dei componenti.

Le peculiarità del sistema

I componenti per realizzare il sistema boa sono fondamentalmente tre: la rotella, il laccio e le guide rivettate passanti e terminali.  La rotella ha costruzione a cartuccia e baionetta per una migliore installazione e durata. Il sistema a ingranaggi consente di avere microregolazioni senza sforzo. Lo sblocco completo avviene tirando, come sempre sui modelli Boa, ma in questo modello è possibile anche allentare la tensione girando in senso inverso. Questo è comodo in caso di cristalli di ghiaccio che si formino all’interno dell’ingranaggio.

Per i lacci abbiamo scelto l’acciaio che garantisce una maggior durata rispetto al tessuto. Il cavo è di 1,7 millimetri con 19 fili avvolti a formare il nucleo e ulteriori 90 fili a rivestirlo. La resistenza alla trazione è superiore ai 254 chilogrammi così da mantenere la propria efficacia anche nelle condizioni più difficili. Anche la creazione delle guide non è scontata perché queste devono combinare un basso attrito a una resistenza alla tensione del laccio. Il tutto è finalizzato a un avvolgimento uniforme e l’adattamento ad ogni forma di scafo.

Lo studio

Per lo studio si è partiti da un’ipotesi iniziale: un piede avvolto uniformemente in modo stabile in una calzatura avrà benefici rispetto a una sola pressione localizzata verso il basso. Questo beneficio si tradurrà in una migliore vestibilità e sensibilità che, come conseguenza, potrebbe migliorare le prestazioni.

Per verificare se la tesi potesse essere avvallata da fatti è stato avviato uno studio pilota con oltre 1000 ore di test e milioni di dati raccolti. Sono stati coinvolti 22 sciatori che hanno sciato nelle medesime condizioni con i due sistemi differenti: quello dei ganci tradizionali ai lacci del sistema Boa.

Tra loro anche Benni Raich: «Il problema principale degli scarponi è il fit perfetto e la connessione con lo sci. Questo determina la sensibilità che è l’elemento principale per una sciata efficace – ha raccontato – Avevo Boa sulle scarpe da trekking e il sistema mi aveva dato benefici. Sono stato contento quando mi hanno chiamato per propormi lo sviluppo del sistema sugli scarponi da sci. Avevo appena smesso la carriera agonistica ed ero in perfetta forma per testare e contribuire allo sviluppo del sistema. Tutto era preistoria: lacci che si rompevano, rotelle che si bloccavano. Poi, passo dopo passo, abbiamo trovato le soluzioni siamo arrivati al prodotto definitivo che so essere stato provato già da alcuni atleti di Coppa del Mondo con ottimi riscontri. Presto lo vedremo ai piedi di chi corre».

I vantaggi

La prima cosa che è parsa evidente è stata come il sistema Boa Fit permettesse un avvolgimento uniforme, una tenuta superiore del tallone ma anche un controllo migliore con lo sci sulla lamina.

L’avvolgimento uniforme del piede ha diminuito del 13% i picchi di pressione distribuendo la pressione stessa in modo uniforme su tutto il collo. Le foto dei due sistemi affiancati rende immediatamente l’idea perché è lampante di come stringere uno scafo con solamente due fasce o farlo con una serie di passaggi consenta una pressione più uniforme.

I dati hanno avvalorato la tesi poiché la pressione con i lacci è del 15% più uniforme rispetto ai ganci tradizionali. Questo si traduce in miglior vestibilità e comodità dello scarpone, elementi chiave tanto per lo sciatore occasionale quanto per chi vive con gli scarponi addosso!

Ma quella della comodità e solo uno dei benefici del sistema. Un piede più stabile all’interno dello scarpone consente un maggior trasferimento della forza dallo scarpone stesso allo sci, quindi più potenza, ma anche un maggior sensibilità, che si traduce in maggior controllo sugli spigoli. Questo è merito del tallone che resta maggiormente bloccato rispetto al sistema tradizionale che comprime il piede verso il basso piuttosto che avvolgerlo tanto con una pressione dall’alto quanto verso la parte posteriore. L’aumento delle forze di picco sotto il piede sono cresciute del 4–6% a beneficio del trasferimento di potenza allo sci.

Inoltre, la maggior stabilità ha anche degli effetti psicologici permettendo, grazie alla sensazione di aumentata sicurezza e fiducia, un ingresso più deciso in curva e cambi di spigolo più rapidi. Tutto ciò, tradotto in numeri, è coinciso con un miglioramento del 10% nel tasso di produzione della forza all’inizio della virata. Ergo, meno centesimi sul cronometro.

La soluzione Alpine Performance Fit ha di fatto migliorato le prestazioni dello sci ma la sfida non è finita. Attraverso nuovi studi si sta pensando allo spostamento della rotella per non essere d’intralcio agli atleti che praticano slalom speciale passando molto vicini ai pali. Inoltre, a Mondsee stanno già sviluppando una seconda rotella per la parte superiore dello scarpone. Non, quindi, un semplice «copia – incolla» del sistema attuale, bensì una nuova applicazione poiché le forze impresse dalla tibia e le esigenze della parte alta dello scarpone sono differenti da quelle del piede.

Mentre lo sviluppo continua altre aziende hanno deciso di adottare il sistema per i propri scarponi. Ora lo si trova sui modelli Atomic Hawx Ultra XTD 130, Fischer RC4 Pro MV, K2 Mindbender 130 Boa e Salomon S/Pro Supra Boa 130.

About the author

Andrea Ronchi

Andrea Ronchi è milanese di nascita e di cuore, rigorosamente a strisce rossonere. Ama lo sport in generale e da ragazzo si è cimentato in diverse discipline. Discreto tennista e giocatore di pallone, è rimasto folgorato dalle palline con le fossette in tarda età, o meglio, troppo tardi per ambire a farne una carriera ma sufficientemente presto per poter provare il brivido e la tensione dell’handicap a una cifra. La passione lo ha portato a fare del golf un lavoro e oggi, oltre a essere nel corpo di redazione della rivista Golf & Turismo, è prima firma di Quotidiano Sportivo e ospite fisso nella trasmissione televisiva Buca 9. Quando la neve copre i fairway prende gli sci, sua altra grande passione, e gira per le Alpi “costretto” dal suo ruolo di responsabile del turismo per la Rivista Sciare. È un duro lavoro, ma qualcuno le deve pur fare...

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