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50 anni fa nasceva la Valanga Azzurra. Ecco come nacque quel mito straordinario

Cinquant’anni sono tanti ma il ricordo della Valanga Azzurra è sempre giovane per chi l’ha vissuta e affascinante anche per chi ha saputo a distanza di tempo  che un giorno cinque sciatori italiani hanno dominato una gara di Coppa del Mondo occupando i primi cinque posti.

È un record che non aveva precedenti, un miracolo in uno sport individuale dove tutti sono contro tutti. Nello sci ogni cosa è sempre piuttosto imprevedibile e anche questa volta si può dire che il caso ha fatto la sua parte. Ma si può dire anche il contrario, che questa colossale vittoria di squadra sia stata accesamente voluta: a denti stretti, sino all’impossibile. 

Massimo Di Marco, il fondatore di Sciare (1966) che ha diretto fino al 2001, ideatore giornalistico della Valanga Azzurra dopo un articolo scritto sulla Gazzetta dello Sport nella cronaca del famoso gigante di Berchtesgaden del 7 gennaio `74, qui assieme a Mario Cotelli, che nel `72 prese il posto di Jean Vuarnet come dt degli Azzurri. Mario ci ha lasciati nel 2019

La scena è stata uno slalom gigante, la data è quella del 7 gennaio 1974, un insolito lunedì. La pista si chiama Jenner, ritagliata tra le rocce di una montagna che sovrasta Berchtesgaden, nelle Alpi Bavaresi. Salisburgo è a 25 chilometri. La ricognizione lascia perplessi. Il terreno è nervoso, ricco di insidie, stretto. Al punto che sui fianchi non c’è posto per le telecamere, quindi non ci sarà nessuna trasmissione televisiva.

Val d’Isere (FRA) il “mitico braccio di ferro” fra Gustavo Thoeni e Piero Gros (ITA). (pentaphoto)

Questo è quello che dicono gli organizzatori. Tutto vero? Proprio tutto no perché io ero stato qui nel 1972 ed avevo potuto seguire uno slalom gigante nella cabina della Televisione Svizzera. Il telecronista Giuseppe Albertini mi ospitava spesso, io in cambio gli passavo i foglietti con i distacchi, la media oraria e altre cosette. Le cabine erano piazzate a schiera al termine della zona d’arrivo.

Mario Cotelli e Oreste Peccedi, la ´chiaveª tecnica della Valanga Azzurra

Quel giorno era ghiacciata. Arriva un fuoriclasse francese dell’epoca, Patrick Russel. Velocissimo. Non riesce a frenare, finisce contro le balle di paglia proprio sotto la nostra cabina. Un urlo. Poi saprò che si era rotto una gamba. Era il 10 gennaio ed è molto probabile che siano state impiegate telecamere a spalla. Insomma, questo è lo sci di quei tempi, pensavamo di essere moderni ma sapevamo che non era così e che certe piste erano pericolose. Noi le chiamavamo «avventurose». Il canalone di Berchtesgaden, tutto in ombra, era un po’ al limite ma non faceva parte dei ripidi impossibili, era semplicemente bruttone. Gli Azzurri non brontolano e non criticano. Hanno un solo pensiero, mettercela tutta per vincere. E a tutti i costi, mai così determinati. Perché?

La Scintilla

Nell’ultimo slalom gigante disputato a Saalbach il 16 dicembre del 1973 le cose non erano andate bene. Gli austriaci conoscevamo la pista ed erano sostenuti da un pubblico da stadio che tifava Hubert Berchtold, ma soprattutto Hans Hinterseer, il nuovo idolo. Nella notte era venuto giù un metro di neve, brutta storia per noi non abituati a sciare sulla panna montata. Berchtold è stato gigantesco.

Fausto Radici, Pierino Gros e Gustav Thöni

Allenato sulle sue manches preferite, lunghe ed elaborate, ha dato 1”23 ad un altro austriaco, Thomas Hauser. E poi in classifica si è infilato Hinterseer a 1”47 e al quarto posto, da non credere, è saltato fuori Franz Klammer a 1”68. Quattro austriaci, uno dopo l’altro, in cima alla classifica. Finalmente la quinta posizione è stata occupata da Pierino Gros (2”56), in settima – a testa bassa – ecco Helmuth Schmalzl. Nessun altro, un macello. A sera riunione degli atleti davanti a Mario Cotelli e a Oreste Peccedi che qualche volta alza la voce.  Questa volta non lo fa, non è il caso, e sembra che sussurri. Guarda i ragazzi in faccia: 

«La prossima sarà vostra, non nevicherà in eterno»

4 volte sul podio con un secondo e tre terzi posti per Helmuth Schmalzl, gigantista puro, 21 volte nei primi 10, due delle quali in slalom e una in parallelo

Accidenti. Tutti zitti, si sentivano comunque bastonati. E anche incavolati neri. Dentro al gruppo questa sconfitta ha acceso la più logica delle reazioni, la voglia pazza della rivincita. I più scatenati erano Gros e Thoeni, alla loro maniera: sbraitando l’uno e silenzioso l’altro. Le ultime notizie non sono meravigliose. La pista è un sottile pavimento di ghiaccio che se ne sta andando. La seconda manche potrebbe essere insidiosa. «Ragazzi, tocca a voi!».  L’alba non promette neppure un sole piccolo. Gli Azzurri salgono sui pulmini. 

Tino Pietrogiovanna: 2 terzi posti, uno in gigante a Madonna di Campiglio e uno in slalom a Heavenly Valley. In dieci occasione in top ten

Prima manche. Traccia Oreste Peccedi (Ita). 

Lunghezza 1510 metri.
Dislivello 320 metri.
Porte 43. Il disegno é piuttosto veloce.

1.  Pierino Gros (Ita) 58’’96
2. Gustavo Thoeni (Ita) a 90/100
3. Helmuth Schmalzl (Ita) a 1’’52
4. Max Rieger (Ger ) a 1’’63
5. Erik Haker (Nor) a 2’’02
6. Josef Pechtl (Aut) a 2’’23
7. Engelhard Pargaetzi (Sui) a 2’’33
8. Leopoldo Gruber (Aut) a 2’’34
9. Wolfgang Junginger (Ger) a 2’’45
10. Erwin Stricker (Ita) a 2’’54
10. David Zwilling (Aut) a 2’’54
12. Franz Klammer (Aut) a 2’’56
13 Tino Pietrogiovanna (Ita) a 2’’60
14. Joahan Kniewasser (Aut) a 2’’66
15. Claude Perrot (Fra) a 2’’73
16 Josef Odermatt (Sui) a 2’’76
17. Ilario Pegorari (Ita) a 2’’91

È andata bene, tre azzurri ai primi tre posti. Il vantaggio di Gros è bello rotondo e Thoeni è lì ma ovviamente ha la luna. Rieger non scherza e ha il vantaggio ( più psicologico che altro) di conoscere un po’ meglio la seconda manche perché il suo allenatore- che traccia- gliel’ha spiegata. Stricker  si è inchiodato ed ha dovuto risalire. Complimenti a Pietrogiovanna che è partito con addosso il 43. E gli austriaci? Per il momento non pervenuti. Il migliore è Pechtl, sesto. 

Sepp Messner, Oreste Peccedi e Luciano Panatti che rimase a fianco di Plank dal ’72 al `76 come allenatore

Seconda manche. Traccia Kuno Messman ( Ger).

Lunghezza 1510 metri.
Dislivello 320 metri.
Porte 43.  Il disegno è angolato.

1. Pierino Gros (Ita) 1’08’’04
2. Erwin Stricker (Ita) a 29/100
3. Tino Pietrogiovanna (Ita) a 1’’17
4. Gustavo Thoeni (Ita) a 1’’33
5. Claude Perrot (Fra) a 1’’66
6. Franz Klammer (Aut) a 1’’67
7. Engelhard Pargaetzi (Sui) a 1’’88
8. Helmuth Schmalzl (Ita) a 1’’96
9. Josef Pechtl (Aut) a 2’’01
9. David Zwilling (Aut) a 2’’01
11. Erik Haker (Nor) a 2’’13
12. Adolf Roesti (Sui) a 2’’31
13. Leopoldo Gruber (Aut) a 2’’32
14. Wolfgang Junginger (Ger) a 2’’48
15. Joahn Kniewasser (Aut) a 2’’61

In alto da sinistra: Franco Arrigoni tecnico prima delle donne poi degli slalomisti. Il discesista Giuliano Besson, Fabio Conci, presidente Fisi dal 64 al 70. Chicco Cotelli, prima aiuto allenatore dei maschi, poi guida tecnica delle donne. Inventa LAB il laboratorio scientifico Fisi, poi chiuso. Ermanno Nogler, tecnico dei maschi dal 58 al 68, anno in cui lascia la Fisi e diventa l’allenatore di Ingemar Stenmark. Sotto: Ilario Pegorari vince la Coppa Europa nel `72, poi allena gli slalomisti. Nell’agosto `82 muore in un incidente automobilistico in Nuova Zelanda, dove perdono la vita anche Bruno Nöckler, Karl Pichler e Ivano Ruzza. Rolando Thoeni, Omero Vaghi, Presidente Fisi dal 70 al 76. Marcello Varallo, discesista della Badia, 2 secondi posti a Garmisch e 3° in Val d’Isère. Inventerà il gigante della Gran Risa. Jean Vuarnet: Conci lo chiamò nel `68 come tecnico e lui costruì le fondamenta della Valanga. Nel `72 passò alla Francia

Traguardo

1. Pierino Gros (Ita) 2’07’’00
2. Gustavo Thoeni (Ita) a 2’’23
3. Erwin Stricker (Ita) a 2’’83
4. Helmuth Schmalz (Ita) a 3’’48
5. Tino Pietrogiovanna (Ita) a 3’’77
6. Erik Haker (Nor) a 4’’15
7. Engelhard Pargaetzi (Sui) a 4’’20
8. Franz Klammer ( Aut) a 4’’23
9. Josef Pechtl (Aut) a 4’’24
10. Claude Perrot (Fra) a 4’’39
11. David Zwilling (Aut) a 4’’55
12. Max Rieger ( Ger) a 4’’56
13. Leopoldo Gruber (Aut) a 4’’66
14. Wolfgang Junginger (Ger) a 4’’93
15. Adolf Roesti (Sui) a 5’’24

Gustav Thöni con la Sfera di Cristallo vinta nel 1975 dopo il mitico parallelo di Ortisei. Gli Alfa 450 della Spalding erano, assieme ai Roc Competition della Rossignol, ai C4 Fischer e ai Maxel gli sci più utilizzati dalla Valanga

W l’Italia! Gli Azzurri si sono impossessati della classifica, rivincita in pieno con il migliore degli austriaci all’ottavo posto. E di chi si tratta? Di Franz Klammer che in slalom gigante ci sapeva fare, tanto che Oreste Peccedi ha commentato così il suo ritiro dalle gare: «Non avrebbe mai potuto vincere le sue venticinque discese se non fosse stato un eccellente gigantista».  Lo strapotere italiano deriva dal fatto che alle spalle di un irraggiungibile Gros il secondo ed il terzo posto di manche sono stati afferrati da Stricker e da Tino Pietrogiovanna, questa volta più veloci di Thoeni. Erwin, simile ad un cowboy con quel suo foulard che volava qua e là, nell’intervallo l’aveva buttata: «Io in questa gara arrivo terzo, chi non ci crede pagherà da bere». 

L’azione in slalom di Erwin Stricker

Tino invece era stato zittissimo, non era il tipo. In quelle curvacce che dovevano aiutare Max Rieger, e che invece gli hanno rovinato la reputazione, Tino è apparso ancora più pazzo di Erwin. Braccia al vento nel suo stile-elicottero, sempre sul punto di sparire dal tracciato, il Colonnello ha spaccato il mondo. 

Quanto a Stricker, la sua vocazione al teatro qui ha trovato la scena ideale per essere ricordato nella storia universale dello sci. Mario Cotelli ha poi detto: «Ha sciato come un eroe».  L’unico saggio in questa manche, Thoeni a parte, è stato Schmalzl, un pelino più cauto. Ma proprio un capello perché l’ordine di scuderia, e non solo a Berchtesgaden ma in tutte le gare, era di venir giù al limite. Bisognava fare così per mettere in tasca qualcosa, i premi erano riservati a chi saliva sul podio, il quarto restava lì a mangiarsi le mani.

Relax al mare per Paolo De Chiesa, Diego Amplatz  (5° e 7° in SL nel `76) e Piero Gros che vinse 5 Sl, 7 GS, la Generale nel `74, l’oro olimpico a Innsbruck `76, l’argento iridato a Garmisch `78 in SL e il bronzo in GS a St. Moritz

Lo slalom gigante di Berchtesgaden si conclude con una scenetta da film allegro. Il podio tutto italiano è al completo, i fotografi si mettono in macchina e corrono a Berchtesgaden City per sviluppare i loro scatti che poi dovranno mandare ad agenzie e giornali. Resta da solo un fotografo italiano, il mitico Massimo Sperotti, che non ha urgenze particolari. E poi magari ha anche un sesto senso perché si sa che le gare finiscono quando tolgono il traguardo, mai prima. Schmalzl si infila al quarto posto, altro scatto. E poi Tino al quinto.  

Fausto Radici, si impose per la prima volta in Coppa nello slalom di Garmisch. L’inverno successivo, il 19 dicembre conquistÚ la 3Tre. Terminata la carriera aprÏ la Radici Group oggi condotta dalla moglie Elena Matous. MorÏ tragicamente nel 2002 togliendosi la vita

Massimo Sperotti non sta nella pelle, cinque su cinque e sarà il solo ad avere questa fotografia. Gli Azzurri fanno i matti e si mettono in posa. L’ultimo scatto ritrae la Squadra in festa. Questa foto fa il giro del mondo, molti la fanno ingrandire e ne fanno un quadro. 

Il Presidente Fisi, avvocato Arrigo Gattai prese le redini della Fisi dopo l’era Omero Vaghi nel 1976. Nel 78 litigÚ con Mario Cotelli affidando la direzione tecnica a Erich Demetz (a destra)

Il Battesimo

Ho descritto la gara come se l’avessi vista ma io a Berchtesgaden non c’ero. All’epoca ero il direttore di «Sciare» e l’inviato della Gazzetta dello Sport, ero stato in giro tutto il mese di dicembre e quindi mi toccava restare in redazione prima delle grandi classiche di gennaio con Wengen e Kitzbuhel. A Berchtesgaden c’era Piero Ratti, amico caro,  che principalmente seguiva le gare di fondo, da me quasi ignorato. La Gazzetta dedica al nostro  trionfo l’apertura con questo titolo: «Cinque azzurri in fila. Fantastico». C’è’ effervescenza al giornale. Un’altra vittoria del genere manderebbe in visibilio tutta l’Italia, compreso chi non ha mai visto la neve.

 

Cavallo Pazzo Erwin Stricker (Un 2∞ e un 3∞ posto in gigante) assieme a Fausto Radici (2 vittorie, 1 secondo e 2 terzi posti)

Dopo Berchtesgaden la gara successiva è a Morzine il 13 gennaio, un altro slalom gigante. L’ordine di servizio è questo: Ratti va a Morzine per la gara, Di Marco va a Morzine a intervistare Mario Cotelli. Parto e quando arrivo a Morzine non è difficile individuare l’albergo degli italiani perché è lì in piazza, pieno di bandiere. Un bel po’ vecchio, con le scale strette e di legno. Io salgo e Mario sta scendendo. Ci sediamo sui gradini. La prima domanda è praticamente tutta l’intervista, mi faccio raccontare Berchtesgaden. Cotelli è ancora stupito:

Pierino e Gustavo nella prima manche erano davanti abbastanza bene, Helmuth era terzo, staccato di poco con addosso Max Rieger. Masmann traccia la seconda e siccome è tedesco come Rieger non mi fido.

Limone, Italia, febbraio 1975. Piero Gros, vincitore dello slalom valevole per i Campionati Italiani della specialità con, da sinistra Franco Bieler, classificato secondo e Paolo De Chiesa, che si e’ aggiudicato il terzo posto. (Pentaphoto)

– Quindi accendi una sigaretta?
Ovvio. Perde 1”63 e non penso che possa farcela ma è sempre un fastidio. Va beh. Vado giù verso il traguardo e comincia la pazzia. 

Il Tino ed Erwin vengono giù con la Ferrari. Ho gli occhi sul cartellone dell’arrivo: uno, due, tre, quattro, cinque, erano venuti giù tutti a palla di neve. Guarda… 

Brescia, Italia, dicembre 1976. Quattro grandi sciatori italiani, da sinistra Gustavo Thoeni, Fausto Radici, Herbert Plank e Piero Gros.

Alza tutte e due le braccia, chiude le mani a pugno, le lascia cadere una dopo l’altra verso il basso e a me sembra di vedere la pista.

Toc, toc, zum, zum

Mario mima la neve quando scende a grandi fiocchi

Ingemar Stenmark alza il braccio di Gustav dopo il parallelo di Ortisei

Palle di neve… una valanga allora
Mario sorride, l’immagine gli piace
Sì, una valanga…

Andiamo avanti, parliamo di tante cose. Qualche ora dopo mando in Gazzetta il mio articolo, pubblicato l’indomani con un titolo estrapolato dal testo: La Valanga Azzurra…

A Morzine Gros vince ancora con quasi un secondo su Hinterseer. Poi: Thoeni, Stricker, Schmalzl.

I velocisti: Stefano Anzi, Hebert Plank e Rolando Thoeni (bravo anche nelle prove tecniche). 3 podi per Anzi con la vittoria nella DH di Sugarloaf (USA). 5 vittorie, 10 piazze d’onore e 8 terzi posti per Plank, bronzo olimpico e Mondiale a Innsbruck `76 in discesa. Rolando, cugino di Gustav, 2 vittorie in slalom, un 3∞ in gs. Bronzo in SL ai Giochi di Sapporo

I giornali se ne sono già impossessati, i titoli si assomigliano: per un soffio la Valanga Azzurra non raddoppia…

Era diventato in un istante il nome della Squadra Nazionale, come l’Equipe in Francia o il Wunderteam in Austria. Sul popolo dello sci questa immagine della Valanga bella, buona e vincente ha spaccato e col tempo è andata anche oltre. Dopo cinquant’anni è lì, superbo e vibrante. È proprio un bel nome. Felice di averlo firmato.       

Massimo DI Marco

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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