Professione Montagna

L’inverno che verrà nell’anno del Covid 19

Sta arrivando un nuovo inverno ma, a causa del coronavirus, quest’anno più che mai è inutile fare previsioni.

Già da molto tempo, ormai, i cambiamenti climatici hanno cancellato ogni certezza ed esposto le attività economiche e imprenditoriali del turismo invernale a un rischio d’impresa che solo il coraggio e gli investimenti hanno potuto sostenere garantendo il benessere di intere comunità dalle Alpi agli Appennini.

Quest’anno però è inutile dire che le prospettive si complicano ulteriormente sapendo che tra gli alberghi, sugli impianti di risalita e sulle piste, tra il popolo dello sci italiano e straniero graverà la subdola presenza di un microscopico e invisibile fantasma chiamato Covid 19 che ha  provocato una drammatica crisi economica dopo aver scatenato una tragica crisi sanitaria facendo del 2020 un anno che passerà alla storia.

Le incognite climatiche, l’incertezza delle precipitazioni naturali, le altalene anomale delle temperature sono state affrontate e contrastate con successo dai massicci investimenti sull’innevamento tecnico che è diventato la dotazione infrastrutturale ineludibile per garantire lo svolgimento e la continuità del turismo invernale trainato dallo sci.

E non è ancora scontato, per fortuna, che l’inverno si trasformi stabilmente in estate, che le temperature non scendano più sotto lo zero, che le montagne un tempo sicuramente imbiancate almeno da novembre in poi diventino stabilmente lande desolatamente brulle. Insomma non è ancora il caso di stracciarsi le vesti prima del necessario.

Proprio la scorsa stagione si è aperta alla grande con le Alpi sommerse dalla neve naturale  e si sarebbe conclusa nella gloria di numeri record di presenze sulle piste e tra i fatturati se il coronovirus non l’avesse traumaticamente interrotta sul più bello agli inizi di marzo provocando considerevoli mancati guadagni come dicono le cifre dell’indagine di Skipass Panorama Turismo.

Sappiamo che per le stazioni appenniniche non è andata purtroppo altrettanto bene, anzi è andata malissimo visto che ad un’apertura massacrata dalla pioggia e dalle alte temperature non si è potuto far seguire l’agognato recupero di fine stagione che era stato benedetto da abbondanti precipitazioni primaverili.

Ma si sa da tempo, ormai, che è così: alternanze e diversità di situazioni, incognite ormai note che hanno provocato certamente molte difficoltà soprattutto tra le stazioni invernali e le società impiantistiche più piccole e  meno strutturate ma a fronte delle quali si sono impegnate risorse per  affrontarle con la  possibilità di superarle.

Si sa ormai da tempo che ogni nuova stagione invernale porta con sé una quota di incertezza che le dà il sapore di una sfida, il gusto di una scommessa da vincere.

E si sa che, salvo sfortunate eccezioni dovute a contingenze particolarmente negative, la scommessa è stata quasi sempre vinta o almeno pareggiata.

Ma quest’anno sarà diverso.

Quest’anno gli esiti economici e commerciali della stagione, per tutta quanta la filiera indotta turismo invernale, non saranno appesi «soltanto» alle condizioni ambientali ma dovranno fare i conti con una serie di domande mai avanzate prima ma adesso di stringente attualità: quanto incideranno le conseguenze della pandemia nel popolo dello sci?

Quanto peseranno sulla passione che muove tutto? Gli stranieri torneranno a sciare in Italia con i loro torue operators? E gli italiani?

Quanti di quelli che ad ogni inverno passavano diversi giorni sulla neve quest’anno hanno ancora paura del contagio e decideranno di rinunciare alle loro sciate?

Una risposta, adesso, non c’è.

La risposta sta tutta nella testa delle persone, nelle loro convinzioni circa i comportamenti da tenere in questo tempo dominato dalla presenza del coronavirus che è ancora tra noi e ancora condiziona molto per non dire tutto.

Si tratta solo di aspettare e vedere, con i nervi saldi e la coscienza a posto.

Un motivo di ottimismo giunge certamente dal fatto che lo sci e la montagna offrono grandi spazi all’aperto e dovrebbero indurre gli appassionati a valutare positivamente questo fatto in chiave di sicurezza antivirus.

Infatti  questa considerazione è stata confermata dall’andamento dell’estate, durante il quale le società impiantistiche hanno potuto registrare esiti scarsi in giugno ma già sufficienti in luglio e certamente buoni in agosto.

E speriamo che si riveli valida anche per l’inverno.

Le società impiantistiche dal canto loro si sono preparate per garantire l’osservanza di norme che tutelino la salute degli utenti.

Dalla collaborazione tra ANEF e UNI è nato un documento che detta una serie di «Linee guida relative alle misure per il contenimento di contagio da Covid 19 del comparto turistico- Impianti di risalita».

Si vorrebbe che la politica lo adottasse per farne una norma di legge da rispettare su tutto il territorio nazionale ma già nella sua formulazione  servirà certamente ad orientare la gestione degli impianti in chiave antivirus.

Piuttosto le società impiantistiche, soprattutto quelle meno forti, si troveranno ad affrontare un altro problema non da poco: gli investimenti al buio per consentire la sciabilità in apertura di stagione (quelli in genere più onerosi) senza avere la minima certezza di come risponderà l’utenza, di quale sarà il riscontro commerciale,  più che mai imprevedibile quest’anno.

Quello che anche sulla neve passerà alla storia come l’anno del Covid 19.