Turismo

The Wall, la “Nera del Cervino”

The Wall, il muro: ispirandoci all’iconico album dei Pink Floyd, diamo inizio a una nuova rubrica per segnalare alcune delle piste nere più impegnative di Alpi e Appennini, iniziando dalla “Nera del Cervino”. Naturalmente c’è l’imbarazzo della scelta, ma per non sbagliare abbiamo scelto di iniziare subito con questo percorso decisamente non per tutti. Ci troviamo, manco a dirlo, a Cervinia.

Prendiamo la seggiovia Pancheron per raggiungere la partenza di questa pista, la Nera del Cervino, indicata con il numero 59. Si sviluppa sul versante italiano, sotto la parete Sud, del Cervino. Appena parti ti ritrovi dinnanzi a un baratro! C’è immediatamente un muro da “vertical ski”, con una pendenza del 65%. La neve è quasi sempre in ottime condizioni e le pendenze sono costantemente oltre il 55%.

Occorre una buona preparazione anche per via dell’altitudine. Infatti si parte dai 2.943 metri per arrivare, 1200 metri dopo, a fondo corsa avendo coperto 250 metri di dislivello. Il tracciato sicuramente è impegnativo ma prendersi delle pause certamente non sarà un problema. La scusa per dare riposo alle gambe è proprio davanti a voi, perché il panorama è unico.D’altra parte siamo a Cervinia!

Già che siete a Cervinia non è possibile tirnare a casa esenza aver fatto il Ventina, pista mito dell’Italia Bianca.

Dai 3.500 metri di Plateau Rosà, inizia la splendida e celebrata pista del Ventina, che si può imboccare anche dalla discesa del Piccolo Cervino se si è in territorio svizzero. Ma è “solo” da Plateau Rosa che partono gli 11 “veri” chilometri del tracciato classico, quello che si conclude a Cervinia.

Si comincia con un’esse che incornicia un muro che sembra non finire mai (almeno per le gambe meno allenate). Poi, dopo un falsopiano con continui cambi di pendenza, ecco che la “grande pista” s’impenna nuovamente. Questo accade prima di arrivare alla stazione intermedia di Cime Bianche Laghi (m. 2.812), raggiungibile anche dalla vicina Valtournenche con il collegamento della seggiovia “Goillet”.

Manca ancora parecchio alla meta: una serie di schuss introducono alla diagonale che porta in zona Bardoney, là dove inizia l’altra spettacolare parte (da un punto di vista tecnico) del percorso. Il famoso muro del Bardoney è lì, pronto ad essere sciato tutto d’un fiato. Un consiglio pratico: per non arrivare in fondo al Ventina con le gambe “cotte” e il fiato alle ginocchia, è preferibile fermarsi lungo la pista in qualche accogliente bar-rifugio oppure sostare ad ammirare il panorama. È consigliabile la macchina fotografica, magari nello zaino di chi sa sciare bene!

About the author

Andrea Ronchi

Andrea Ronchi è milanese di nascita e di cuore, rigorosamente a strisce rossonere. Ama lo sport in generale e da ragazzo si è cimentato in diverse discipline. Discreto tennista e giocatore di pallone, è rimasto folgorato dalle palline con le fossette in tarda età, o meglio, troppo tardi per ambire a farne una carriera ma sufficientemente presto per poter provare il brivido e la tensione dell’handicap a una cifra. La passione lo ha portato a fare del golf un lavoro e oggi, oltre a essere nel corpo di redazione della rivista Golf & Turismo, è prima firma di Quotidiano Sportivo e ospite fisso nella trasmissione televisiva Buca 9. Quando la neve copre i fairway prende gli sci, sua altra grande passione, e gira per le Alpi “costretto” dal suo ruolo di responsabile del turismo per la Rivista Sciare. È un duro lavoro, ma qualcuno le deve pur fare...